


Convergenza 
o divergenza?
Sulle recenti “prove” delle aperture per l’introduzione 
dello Zyklon B nel Crematorio II di Auschwitz-Birkenau[1]
 
Brian Renk (2001)
Quella che è stata definita come “la più ampia indagine processuale del periodo 
dell’Olocausto dai tempi (1961) del processo ad Adolf Eichmann in Israele”, 
l’azione giudiziaria intrapresa da David Irving contro Deborah Lipstadt, ha 
portato una ventata di nuova ricerca e ha rinnovato il dibattito sulle gasazioni 
ad Auschwitz, durante la seconda guerra mondiale.[2] Nessun aspetto della tesi 
riguardante le gasazioni di Auschwitz fu più contestato in quel processo delle 
prove pro e contro i quattro fori sul tetto di una stanza sotterranea del 
Crematorio II di Auschwitz-Birkenau. Gli scontri su tali prove tra Irving e 
l’esperto della difesa sull’architettura di Auschwitz, il professor Jan van 
Pelt, fornirono alcune tra le discussioni più accese del processo. 
Per quanto la questione riguardante delle aperture su un tetto possa sembrare 
prosaica, entrambi gli attori della controversia, revisionisti e 
“sterminazionisti”, concordano sul fatto che tali fori sarebbero stati necessari 
per l’introduzione dell’ agente letale dichiarato, il pesticida a base di 
cianuro denominato Zyklon B. I fori in questione diventano pertanto fondamentali 
per l’accusa secondo la quale le vittime venivano assassinate con il gas in uno 
scantinato del Crematorio II nel 1943 e nel 1944. Veramente, agli occhi del 
professor Van Pelt, considerato l’esperto più autorevole tra gli storici 
dell’establishment della struttura e delle funzioni dei crematori di Auschwitz: 
“il Crematorio II è l’edificio più letale di Auschwitz. Nei 760 metri quadri di 
questa singola stanza, persero la vita più persone che in ogni altro luogo del 
pianeta. Gli assassinati furono 500.000. Se si volesse disegnare una mappa della 
sofferenza umana, se si creasse una geografia delle atrocità, questo ne 
costituirebbe il centro assoluto.”[3] 
I ricercatori revisionisti, consapevoli dell’opinione di Arthur Butz secondo cui 
“Auschwitz è la chiave di tutta la storia” dell’accusa delle gasazioni di massa, 
da lungo tempo hanno concentrato la propria attenzione su tale campo.[4] Nel 
corso di quest’indagine, alcuni revisionisti hanno richiamato l’attenzione 
sull’assenza delle necessarie aperture sul tetto della presunta camera a gas del 
Crematorio II di Auschwitz. Alla fine degli anni ’70, quando Auschwitz era 
controllata dal governo comunista polacco, lo svedese Ditlieb Felderer scattò 
centinaia di fotografie delle rovine dei crematori di Auschwitz, e notò 
l’apparente assenza dei fori per l’introduzione dello Zyklon B descritti dalle 
testimonianze oculari. Fred Leuchter e Germar Rudolf condussero indagini più 
rigorose di tali rovine nei tardi anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, 
giungendo alle stesse conclusioni. L’eminente revisionista francese professor 
Robert Faurisson riassunse nel 1993 il problema delle aperture con un semplice 
slogan, “Niente aperture, niente Olocausto.” 
Durante il processo Irving non era semplicemente la prova pro o contro le 
cruciali aperture ad essere in discussione, ma anche il modo in cui tale prova 
dovesse essere valutata. Nel suo giudizio dell’11 Aprile 2000, il giudice 
Charles Gray si domandò se lo storico britannico David Irving avesse “deformato 
o falsificato o travisato le prove”, cosa che la difesa della Lipstadt 
sollecitamente asseriva.[5] 
D’altro canto, durante il processo, Van Pelt invocò un concetto esplicativo in 
apparenza diametralmente opposto alla deformazione dei fatti: la “convergenza di 
prove”. Si tratta di un procedimento di valutazione per il quale tipologie di 
prova indipendenti tra loro, vagliate assieme ai singoli indizi, permetterebbero 
di giungere ad una conclusione comune, anche in assenza della cosiddetta 
“pistola fumante”.[6] 
Scopo prioritario di quest’articolo è un’indagine accurata dei recenti, e 
apparentemente autorevoli, tentativi di provare la presenza di aperture sul 
tetto del Leichenkeller (o camera mortuaria) 1 del Crematorio II, da parte del 
perito della Lipstadt Robert Jan Van Pelt e di altri. Consapevole dell’esigenza 
di un’attenta valutazione delle prove emerse nel corso del processo Irving, 
questo articolo esaminerà anche i differenti generi di prova presentati per le 
aperture suddette, alla luce delle interpretazioni favorevoli e contrarie: 
esiste una reale convergenza di prove, oppure le risultanze contrarie sono state 
deformate e falsificate per farle sembrare coerenti con la tesi proposta?
 
Le aperture mancanti
 
Nel suo giudizio in favore di Deborah Lipstadt e della Penguin Books, il giudice 
Charles Gray ha così riassunto il contrasto di opinioni tra gli imputati e David 
Irving sulla prova presentata dalla difesa dell’esistenza di aperture nel tetto 
della pretesa camera a gas del Crematorio II:
E’ riconosciuto da tutti che il tetto del Leichenkeller 1 era sostenuto da sette 
colonne di cemento. Gli imputati sostengono che adiacenti a quattro di queste 
colonne corressero delle condutture cave o camini fatti con pesanti reti 
metalliche che si protendevano, attraverso dei fori, nel tetto, da dove venivano 
versati i granuli di veleno che cadevano nella stanza sottostante. Queste 
condutture misuravano in sezione 70 centimetri quadrati ma si assottigliavano 
all’estremità superiore, là dove passavano attraverso il tetto. La tesi di 
Irving è che queste condutture non siano mai esistite. Egli ha fatto 
quest’affermazione perché, così sostiene, non esiste traccia, in ciò che rimane 
del tetto, delle aperture descritte. Inoltre tali condutture non appaiono nei 
progetti per la costruzione dei Crematori. Una parte del tetto del Leichenkeller 
1 è intatta, sebbene sia sprofondata sul pavimento. Irving ha presentato una 
fotografia che sembra non mostrare traccia di alcuna apertura sul tetto.[7] 
Nella sua successiva sentenza il giudice Gray rilevò un’importante concessione 
da parte di Robert Jan Van Pelt, il perito della difesa per i crematori di 
Auschwitz: “Van Pelt ha ammesso in uno dei suoi rapporti supplementari che non 
vi è traccia delle aperture.” O, come Van Pelt ha scritto nella sua perizia per 
la difesa della Lipstadt: “Oggi, queste quattro piccole aperture che collegavano 
le colonne di rete metallica con i camini non sono visibili sulle rovine della 
copertura di cemento.”[8] 
Durante il contro interrogatorio condotto da David Irving, il 28 Gennaio 2000, 
Van Pelt ammise di aver “ispezionato più volte il tetto della pretesa fabbrica 
della morte”, ma di non avervi visto le necessarie aperture:
-Irving: “Lei non ha visto nessuna apertura sul tetto, non è vero? Le ha 
trovate, le aperture?
-Van Pelt: “Non ho visto le aperture per le colonne, no.” 
-Irving: “Non per l’introduzione del cianuro?”
-Van Pelt: “No.”[9] 
Nel suo rapporto, Van Pelt offrì una strana giustificazione per l’assenza di 
queste aperture: 
“Tuttavia questo significa che non erano mai state lì? Noi sappiamo che dopo la 
cessazione delle gassazioni, nell’Autunno del 1944, tutte le attrezzature 
omicide furono rimosse, tra le quali erano comprese sia le colonne di rete 
metallica che i camini. Rimanevano le quattro piccole aperture sulla copertura. 
Mentre non vi è certezza su questa questione, si può ipotizzare che sarebbe 
stato logico applicare qualche cassaforma nel punto in precedenza occupato dalle 
colonne, sul soffitto della camera a gas, e versare del cemento nei fori, 
restaurando così la copertura.”[10] 
Durante il contro interrogatorio, Irving espresse sdegno per quest’argomento. 
Come venne riportato dal programma BBC News Online, Irving disse alla corte: “Mi 
rifiuto di credere che i nazisti, negli ultimi giorni convulsi del campo, in 
preda a una fifa blu, se ne andassero in giro con secchi di cemento a riempire i 
buchi che avrebbero di lì a poco fatto saltare in aria.”[11] 
 
Un restauro così perfetto da non lasciare tracce?
 
Esistono sensate ragioni tecniche per unirsi ad Irving nel rifiutare 
l’affermazione di Van Pelt che i tedeschi otturarono, o addirittura 
“restaurarono”, le pretese aperture per lo Zyklon sul tetto del Leichenkeller 1. 
In primo luogo, sarebbe stato semplicemente impossibile “restaurare la 
copertura”, come sostiene Van Pelt. 
I tetti di cemento del Leichenkeller erano rinforzati con armature di tondini di 
ferro. Se le aperture fossero state concepite prima della gettata di cemento 
originaria, e realizzate con delle casseforme collocate per delimitare 
l’afflusso del cemento (come Van Pelt ritiene), allora certamente i tondini di 
ferro sarebbero rimasti circoscritti al cemento circostante. 
Per la verità, sarebbe stato possibile “versare del cemento nelle aperture” in 
un momento successivo. Se alla fine della guerra delle casseforme di legno 
fossero state poste sotto le aperture e nelle aperture fosse stato versato del 
cemento (secondo lo scenario di Van Pelt), in tal caso si sarebbero formati dei 
blocchi quadrati di cemento all’interno delle aperture dopo l’essiccamento. 
Questi blocchi non avrebbero potuto essere fissati alla griglia di ferro 
preesistente. In realtà, ci sono solo due modi per cui questi punti del tetto 
avrebbero potuto essere parzialmente rinforzati per prevenire la fuoriuscita dei 
blocchi dalle aperture una volta rimosse le casseforme: 
sgrossare o intagliare [con lo scalpello] i fianchi delle aperture per ricavarvi 
degli spigoli, oppure dei fori, per assicurare i blocchi sul posto, o altrimenti 
allargare le aperture in cima, affinché i blocchi formatisi non potessero 
franare nel soffitto sottostante; 
trapanare orizzontalmente nel tetto di cemento tutti e quattro i lati delle 
aperture per permettere l’inserimento di chiodi d’acciaio, per sostenere i 
blocchi di cemento una volta essiccati. 
Nessuna di queste tecniche di costruzione avrebbe comunque mantenuto a lungo il 
cemento nelle coperture. All’inizio del 1945 il personale di Auschwitz inserì 
potenti cariche di esplosivo nelle colonne di sostegno del tetto immediatamente 
adiacenti ai punti in cui si sarebbero trovate le aperture così otturate, 
facendo perciò saltare in aria il tetto del Leichenkeller.[12] 
L’asserzione di Van Pelt che il cemento venne semplicemente versato dentro i 
fori, e poi fatto saltare quando l’edificio venne distrutto con la dinamite, non 
fa progredire affatto l’argomento che le aperture esistettero davvero. Come 
Irving ha osservato, sarebbe stato insensato che i tedeschi riempissero i fori 
con il cemento , e poi li facessero saltare in aria con delle massicce cariche 
di dinamite poche settimane dopo. Ancora più importante è che Van Pelt abbia 
ammesso, nonostante numerosi sopralluoghi, come abbiamo visto, che oggi le 
presunte aperture “non sono rintracciabili nei ruderi della copertura di 
cemento.”
Consideriamo allora quello che sarebbe stato necessariamente visibile se le 
aperture, o le loro riempiture di cemento, fossero in qualche modo sopravvissute 
all’esplosione. Sarebbe facile riconoscere le une e le altre, oggi, persino tra 
le rovine. I luoghi dove il cemento fosse stato versato molto tempo dopo la 
gettata iniziale della copertura del tetto sarebbero facilmente distinguibili 
dalla copertura circostante. Le differenze nella composizione della mistura di 
cemento (proporzioni di sabbia, cemento e acqua, etc., la consistenza dei 
materiali utilizzati), le condizioni di conservazione (temperatura e umidità), 
le tracce di disidratazione e le crepe sottili dovute al restringimento del 
cemento, e l’invecchiamento (ingiallimento), tutto contribuisce a donare ai 
prodotti finiti un’apparenza e una consistenza differenti. Le zone “restaurate” 
della copertura di cemento del tetto sarebbero riconoscibili, sia da sopra che 
da sotto, come chiazze di cemento. Van Pelt, che ha la possibilità di 
consultarsi con degli architetti nella sua facoltà all’Università di Waterloo, 
dovrebbe certamente saperlo. E tuttavia a dispetto di numerose ispezioni delle 
rovine della copertura del tetto del Crematorio II effettuate da Van Pelt e dai 
suoi collaboratori, fino ad oggi nessuno di questi ricercatori è stato in grado 
di scoprire alcuna traccia di tale restauro. Questo spiega senza dubbio il 
motivo per cui Van Pelt, per tutta la sua expertise su Auschwitz, non ha fatto 
alcun tentativo al processo Irving-Lipstadt di presentare la prova concreta 
delle aperture omicide del Crematorio II, sia che fossero riempite oppure no.
 
Il problema delle colonne di rete metallica
 
Incapace di trovare sul posto la prova evidente delle aperture per 
l’introduzione dello Zyklon, o un solo riferimento ad esse nei voluminosi 
registri di progettazione e costruzione del campo, Van Pelt è stato costretto ad 
affidarsi alla testimonianza post-bellica di due sopravvissuti di Auschwitz, 
Henryk Tauber e Michal Kula. 
Durante il contro interrogatorio Van Pelt, riguardo alla sua impressione 
concernente l’ex lavoratore del Sonderkommando Henryk Tauber (il quale rese la 
sua testimonianza davanti ad una commissione polacco-sovietica il 24 Maggio 
1945), rispose: “Tauber è un testimone sorprendentemente buono… generalmente 
molto preciso.”[13] 
Nella sua testimonianza Henryk Tauber descrisse meticolosamente il modo in cui i 
granuli di Zyklon B venivano presuntamene introdotti nella stanza. Secondo 
Tauber (e quindi secondo Van Pelt), i fori del tetto erano stati aperti per 
ospitare un dispositivo d’introduzione a maglie di filo di ferro:
Il tetto della camera a gas era sostenuto da pilastri di cemento che correvano 
lungo il centro della sua lunghezza. Da una parte e dall’altra di questi 
pilastri ce n’erano altri quattro, due su ogni lato. I lati di questi pilastri, 
che uscivano dal tetto, erano fatti di pesanti reti metalliche. All’interno di 
questa griglia ce n’era un’altra di metallo più sottile e all’interno di questa 
una terza, di metallo molto sottile. All’interno dell’ultima gabbia metallica 
c’era una lattina rimovibile che veniva estratta con un filo di ferro per 
recuperare i granuli da cui il gas era evaporato.[14] 
Van Pelt, sia nel suo rapporto che durante il contro interrogatorio, ha 
corroborato la testimonianza di Tauber con quella di Michal Kula, che sostenne 
di aver costruito le “colonne” di rete metallica descritte da Tauber. L’11 
Giugno 1945 Kula attestò al magistrato inquirente Jan Sehn (un funzionario 
comunista, come gli interroganti di Tauber): 
Tra le altre cose l’officina meccanica costruiva le false docce destinate alle 
camere a gas, come pure le colonne di rete metallica per l’introduzione del 
contenuto dei barattoli con lo Zyklon dentro le camere a gas.
Queste colonne misuravano circa 3 metri in altezza e 70 centimetri quadrati in 
sezione. Ogni colonna era composta da 3 reti metalliche concentriche. La rete 
interna era fatta di metallo spesso 3 millimetri, fissata a degli angolari di 
ferro di millimetri 50x10. Questi angolari di ferro si trovavano in ogni angolo 
della colonna ed erano fissati alla sommità nello stesso modo. Le aperture della 
rete metallica erano di 45 millimetri quadrati. La seconda rete era fatta allo 
stesso modo ed era posizionata nella colonna a 150 millimetri di distanza dalla 
prima. Le aperture di questa seconda rete erano di circa 25 millimetri quadrati. 
Agli angoli queste reti erano connesse tra loro con degli angolari di ferro. La 
terza parte di questa colonna era rimovibile. Si trattava di una colonna vuota 
con un’impronta di circa 150 millimetri quadrati fatta di lamina di zinco. In 
cima era chiusa da una lastra di metallo e in basso da una base quadrata. Alla 
distanza di 25 millimetri dai lati di queste colonne erano stati saldati degli 
angolari di stagno, rinforzati da staffe anch’esse di stagno.
Su questi angolari era stata montata una rete sottile con aperture di circa un 
millimetro quadrato. Questa rete terminava alla base della colonna e da qui si 
elevava nella [Verlaenderung] della rete un’intelaiatura di stagno fino alla 
sommità della colonna. Il contenuto di un barattolo di Zyklon veniva gettato 
dalla sommità nel distributore, che consentiva una distribuzione uniforme dello 
Zyklon su tutti e quattro i lati della colonna. Dopo l’evaporazione del gas 
l’intera colonna centrale veniva rimossa.[15] 
Secondo Van Pelt, i congegni di rete metallica sono scomparsi: “ Le colonne di 
rete metallica sono state totalmente smantellate dopo la cessazione delle 
gassazioni e prima della demolizione dei crematori, e non ne è stata trovata 
alcuna traccia.”[16] 
Queste due testimonianze non sono semplicemente la principale prova di Van Pelt: 
esse sono la sola prova sostanziale dell’esistenza di aperture attraverso cui lo 
Zyklon potesse essere introdotto nella presunta camera a gas del Crematorio II, 
il “ground zero” del mito dell’Olocausto.
 
Le incredibili, irrintracciabili, restringibili aperture 
per lo Zyklon
 
Le due testimonianze alle quali Van Pelt è costretto ad affidarsi non sono prive 
di trabocchetti per i sostenitori della tesi delle aperture. Bisognerà ricordare 
che nella sua sentenza, il giudice Gray prese nota dell’affermazione di Van 
Pelt, resa sotto giuramento, che le colonne di rete metallica descritte dai 
testimoni di Van Pelt “misuravano 70 centimetri quadrati [etc.] in sezione ma si 
assottigliavano in cima nel punto in cui passavano attraverso il tetto”. Van 
Pelt difese questo concetto per diverso tempo nel seguente confronto con David 
Irving nell’Alta Corte di Londra il 25 Gennaio del 2000: 
Irving: Io vorrei soltanto conoscere grosso modo che dimensione avessero le reti 
metalliche di cui stiamo parlando, quale era la larghezza di questa colonna che 
si ergeva fino al soffitto. Abbiamo probabilmente un’immagine abbastanza chiara 
del genere di oggetto in questione, più grande di un tubo di scarico.
-Van Pelt: Si. Kula dice che queste colonne erano alte circa 3 metri ed esse 
[misuravano] 70 metri quadrati.
-Irving: 70 metri?
- Van Pelt: 70 centimetri.
-Irving: Le colonne di rete metallica?
-Van Pelt: Si. 
-Irving: 70 centimetri è nell’ordine di 2 piedi e 6 pollici?
-Van Pelt: Si, poco meno, 2 piedi e 3 pollici.
-Irving: così questo foro sul tetto o questi fori sul tetto, quante colonne di 
rete metallica si trovavano lì, quattro?
-Van Pelt: Quattro.
-Irving: Dunque le aperture sul tetto avrebbero avuto un diametro di 2 piedi e 6 
pollici.
- Van Pelt: Assolutamente no, perché l’intera colonna può essere di 2 piedi e 4 
pollici, ma lo Zyklon B è introdotto solo nel pezzo centrale. Il pezzo centrale, 
perché noi abbiamo colonne concentriche, così in definitiva il pezzo centrale 
può essere un oggetto piuttosto stretto, così come l’apertura attraverso il 
tetto poteva essere stata un condotto relativamente stretto.
-Irving: Ma ci è stato detto qui che c’era una copertura di cemento con due 
manici a coprire questo apparato, e questo non dovrebbe forse suggerire qualcosa 
di più grosso di una palla da tennis?
-Van Pelt: Ma la copertura di cemento…noi abbiamo un’immagine di questi camini 
nei documenti. Naturalmente quando tu crei questo tubo che viene fuori dal 
centro della colonna perforata, sicuramente il piccolo camino che gli sta 
intorno è più grande.
- Giudice Gray: Come un fumaiolo?
-Van Pelt: Come un fumaiolo, si. Come il camino stesso è sempre più spazioso del 
canale del fumo che vi passa attraverso.[17]
Qui, le dimensioni hanno molta importanza, perché le aperture di 70 centimetri 
quadrati del tetto su cui Irving sta dibattendo hanno in effetti un ordine di 
grandezza otto volte superiore in superficie ai 25 centimetri quadrati o giù di 
lì per la “parte centrale” su cui Van Pelt insiste. Perché se le molteplici 
ricerche sul tetto del crematorio non hanno rintracciato nulla di simile a 
un’adeguata apertura per l’introduzione dello Zyklon, allora quanto più piccoli 
si suppone siano stati i fori scomparsi, meglio è. 
Tuttavia la pretesa di Van Pelt che solo il pezzo centrale della colonna 
continuasse attraverso il tetto, e perciò “…l’apertura attraverso il tetto 
poteva essere stata un condotto relativamente stretto”, travisa la sola prova di 
Van Pelt, la testimonianza di Tauber e Kula. Come disse Kula al magistrato 
inquirente, Sehn:
Queste colonne misuravano circa 3 metri in altezza, e 70 centimetri quadrati in 
sezione…La terza parte di questa colonna poteva essere rimossa. Si trattava di 
una colonna vuota con un’impronta di circa 150 millimetri quadrati fatta di 
lamina di zinco.
In Auschwitz: Technique and Operation od the Gas Chambers (1989), il ricercatore 
antirevisionista francese Jean-Claude Pressac presentò un disegno di questi 
congegni di rete metallica così come furono descritti da Kula.[18] In esso si 
descrive ognuna delle colonne metalliche come “alte circa 3 metri”. Il disegno 
mostra una sorta di canestro rimovibile al centro del congegno. E tuttavia, 
senza alcuna base nella testimonianza di Kula, e in contraddizione con il 
disegno, Van Pelt ha asserito che i lati esterni di queste colonne rettangolari 
ascendevano soltanto fino al soffitto, e ha inventato un “tubo relativamente 
stretto” (contraddicendo la descrizione del suo testimone di una “colonna vuota” 
rimovibile), che avrebbe potuto adattarsi alle quattro sfuggenti e 
arbitrariamente minuscole aperture del tetto, se solo egli avesse potuto 
trovarle – e in qualche modo mettere le mani sui quattro “tubi stretti” 
mancanti.
Le dimensioni riferite da Kula (una colonna alta 3 metri e di 70 centimetri 
quadrati) non possono essere conciliate con la pretesa di Van Pelt che le 
aperture, ammesso che siano esistite, fossero più piccole di 70 centimetri 
quadrati. I disegni architettonici mostrano che la distanza dal pavimento al 
soffitto (o sotto il tetto) era di metri 2.4. Il tetto stesso aveva uno spessore 
di 20 centimetri. Le colonne di Kula avrebbero perciò esorbitato la distanza dal 
pavimento alla sommità del tetto di 40 centimetri supplementari, e la base del 
tetto di 60 centimetri. E la testimonianza di Kula non da neppure alcun sostegno 
alla pretesa di Van Pelt che solo un tubo fisso, e stretto, o colonna, 
continuasse attraverso il tetto.
Nel suo sforzo di dimostrare che sul tetto un tempo c’erano delle aperture – 
piccole aperture – Van Pelt ha proclamato che la testimonianza del testimone 
sopravvissuto Henryk Tauber “converge” con le descrizioni di Kula. E in verità, 
a dispetto di svariate discrepanze, i due testimoni in effetti convergono su un 
solo punto cruciale.
Tauber ha affermato: “I lati di questi pilastri, che salivano attraverso il 
tetto, erano fatti di pesanti reti metalliche.” La descrizione di Tauber delle 
colonne non offre appiglio alla tesi di Van Pelt che solo “un oggetto piuttosto 
stretto” di minori dimensioni continuasse attraverso il tetto. Tauber mette ben 
in chiaro che il lato più esterno dei pilastri di 70 centimetri quadrati di Kula 
“saliva attraverso il tetto”, tanto più che in seguito egli distingue, nella sua 
testimonianza, tra le “pesanti reti metalliche” esterne e i reticoli interni di 
“rete più sottile “ e “molto sottile”.
Questa affermazione rafforza un'altra argomentazione contro le aperture del 
tetto più piccole, argomentazione basata sulla dimensione delle colonne come 
sono state descritte dalla fonte di Van Pelt, Kula. Secondo la sua 
testimonianza, egli costruì le colonne minuziosamente assemblate, con i loro 
“angolari di stagno saldati”, nell’officina meccanica del campo, non nel 
Leichenkeller [camera mortuaria, presunta camera a gas]. Anche se questi 
congegni alti 3 metri, composti di “pesanti reti metalliche” fossero stati 
trasportati in qualche modo lungo le scale e attraverso la porta all’interno del 
Leichenkeller, non avrebbero potuto essere collocati verticalmente dal di dentro 
in una stanza con soffitto alto metri 2.4. Perciò, se tali colonne fossero 
esistite, avrebbero potuto essere installate solo per mezzo di aperture nel 
tetto larghe abbastanza da farle entrare secondo le dimensioni dichiarate per la 
loro base: 70 centimetri quadrati.
Van Pelt, cercando aperture decisamente più piccole dei 70 centimetri quadrati, 
ha travisato la deposizione dei tue testimoni sui quali ha puntellato la propria 
tesi (in assenza di ogni prova fattuale o documentaria) dell’esistenza delle 
aperture. La sua deformazione radicale della deposizione dei propri testimoni 
chiave, consapevole oppure no, sembrerebbe suggerire una ragione: come vedremo 
più avanti, se ci fossero state delle aperture di 70 centimetri quadrati sul 
tetto, esse sarebbero facilmente riconoscibili anche oggi. D’altronde, come 
abbiamo già visto dall’ammissione di Van Pelt, i camini per le reti metalliche 
sono parimenti scomparsi.
 
Indagini recenti: le aperture “ritrovate”?
 
Le fotografie dell’epoca di guerra. Van Pelt ha cercato di corroborare le sue 
irrisorie prove testimoniali delle aperture per lo Zyklon con delle fotografie 
dell’epoca di guerra che mostrano il tetto del Leichenkeller 1 del Crematorio II 
di Birkenau. Nel suo tentativo di trovare immagini delle aperture e dei loro 
“camini” nelle foto prese sul terreno e dall’alto, Van Pelt è incappato nelle 
scoperte cui sono giunti non solo i ricercatori revisionisti, ma anche lo 
sterminazionista “outsider” Charles Provan. Provan ha fornito un’approfondita 
analisi delle foto aeree e terrestri nel suo opuscolo No Holes? No Holocaust? A 
Study of the Holes in the Roof of Leichenkeller I of Krematorium II at Birkenau, 
che contesta la posizione revisionista. Mentre Provan concorda con Van Pelt che 
centinaia di migliaia di ebrei furono gassati nel Leichenkeller 1 del Crematorio 
II per mezzo di Zyklon versato attraverso aperture nel tetto, la sua 
interpretazione della prova dell’esistenza di tali aperture è spesso 
diametralmente opposta a quella di Van Pelt.
Le foto terrestri. Van Pelt ha mostrato una foto degli archivi di Auschwitz, 
presa nel Febbraio del 1943.[19] La foto mostra quelli che sembrano essere degli 
oggetti posti sul tetto. Provan ha comunque verificato in modo indipendente, 
attraverso un diagramma prospettico, quello che il revisionista Germar 
Rudolf[20] aveva dimostrato in precedenza: i tre oggetti sono tutti sul lato Sud 
del tetto, in contraddizione con i “testimoni oculari” e (come vedremo) con le 
foto aeree.[21] 
Esiste comunque un’altra foto terrestre, presa alla fine del Gennaio 1943, che 
mostra nient’altro che un eloquente manto di neve sul tetto ultimato del 
Leichenkeller.[22] Se, come Van Pelt ritiene, le aperture fossero state incluse 
nella colata originale del tetto, sarebbe stato insensato e potenzialmente 
rischioso costruire i bordi dei “camini” molto più tardi del compimento del 
tetto. A parte l’inefficienza della tecnica di costruzione, lasciare le aperture 
non protette per settimane d’inverno avrebbe provocato enormi problemi 
d’impermeabilizzazione.[23]
Contro interrogato da Irving riguardo a questa foto, Van Pelt fu decisamente 
incapace di spiegare l’assenza delle aperture e delle loro superstrutture (o 
“camini”), che egli aveva identificato nella foto del Febbraio 1943 (supra). 
Dapprima, il 26 Gennaio, Van Pelt asserì che i camini non potevano esser visti 
perché erano sepolti sotto terra e neve:
OK. Allora la spiegazione è semplice. Quello che accade è che dopo che il 
terriccio venne portato in cima al tetto della camera a gas o camera mortuaria 
n°1, la protezione [protuberanza] sarebbe stata minore. Se noi allora abbiamo 
neve in cima, è assai improbabile che possiamo vedere molto di questi piccoli 
camini.[24]
Due giorni più tardi, essendosi evidentemente reso conto del proprio errore, Van 
Pelt cambiò la sua deposizione. Accorgendosi che la foto mostra che c’erano solo 
pochi centimetri di neve sul tetto, egli asserì che le aperture sarebbero state 
coperte con tavole, la qual cosa implica che i “camini per l’introduzione” non 
erano stati ancora costruiti nel tardo Gennaio.[25] Il cambiamento radicale ad 
opera di Van Pelt della sua interpretazione di questo documento fondamentale, 
documento che deve essergli stato famigliare, non ispira fiducia né nella sua 
expertise né nella sua affermazione che le aperture vennero effettuate nel tetto 
del Leichenkeller 1 del Crematorio II all’epoca in cui venne costruito.
 
Secondo Provan, d’altro canto, questa foto mostra:
 
…la vista più chiara della camera a gas in ognuna delle tre [le foto di Kamann], 
prima che il tetto venisse coperto con terra. Il tetto è coperto con neve, e 
nessun foro per lo Zyklon B è visibile. Poiché la foto è datata 20-22 Gennaio 
1943, possiamo dedurre che nessuna apertura per l’introduzione dello Zyklon B 
deve essere stata messa in opera dopo quella data.[26]
Che la foto terrestre di Kamann del tardo Gennaio 1943 non offra prove di sorta 
per l’improbabile ipotesi di Van Pelt di aperture invisibili coperte con tavole 
parimenti invisibili, è fin troppo ovvio. Provan ha decisamente ragione nel 
sostenere che la foto si oppone alla costruzione di aperture e camini al tempo 
in cui fu presa, e riconosce che in effetti l’immagine non fornisce alcuna prova 
che le aperture e i camini vennero aggiunti in seguito. Riguardo alle foto 
terrestri del tetto della presunta camera a gas, perciò, non abbiamo altro che 
una “convergenza” nell’interpretazione delle prove da parte di questi due 
ricercatori.
Le foto aeree. Van Pelt ha citato le fotografie di ricognizione aerea prese 
dagli Alleati nel 1944, che furono pubblicate per la prima volta dalla CIA nel 
1979. Le più importanti tra queste, prese il 25 di Agosto del 1944, mostrano 
quattro zone scure sul tetto del Leichenkeller. Queste zone, ha sostenuto Van 
Pelt, corrispondono ai camini sovrastanti le aperture e alle loro ombre. [27] 
Irving rispose facendo notare che le quattro zone scure visibili sulla foto del 
25 Agosto 1944 non corrispondono alla posizione di nessuna delle aperture 
presenti attualmente sulle rovine del tetto. (Come abbiamo visto, Van Pelt ha 
concesso che le presunte aperture per l’inserimento dello Zyklon non possono 
essere ritrovate in quelle rovine.)
L’analisi di Provan delle foto aeree è in armonia con quella del ricercatore 
revisionista John Ball.[28] Egli osserva che è stato detto, da parte di Myklos 
Nyszli e altri sedicenti testimoni oculari, che le aperture necessarie erano 
state coperte “al livello del terreno” (e cioè sopra lo strato di terra 
riversato sul tetto – non al livello del tetto) e sormontate da bassi coperchi. 
Tuttavia, come Provan osserva correttamente, se queste zone (egli le definisce 
“tracce macchiate”) presenti sulle foto aeree “sono ombre [proiettate dai bassi 
camini], la loro estensione è stata calcolata come misurante circa 3 metri, 
utilizzando l’altezza conosciuta del camino del Crematorio, e la lunghezza della 
sua ombra come riferimento. In realtà Provan “concorda con Ball che alcune delle 
tracce che risaltano sulla fotografia del 25 Agosto 1944 sono in realtà state 
disegnate”, e osserva che “alcune delle fotografie di Auschwitz-Birkenau 
mostrano tracce sul tetto dove non si presume fossero presenti fori per lo 
Zyklon B.”[29] 
Provan trascura, tuttavia, di richiamare l’attenzione dei suoi lettori sul 
problema cruciale, notato da Jean-Claude Pressac, il problema posto dalle tracce 
su questa e su svariate altre foto aeree:
Secondo la fotografia aerea americana del 24 Agosto 1944, i quattro punti 
d’introduzione erano localizzati lungo una linea attraversante la lunghezza 
della stanza nella parte orientale. Nelle rovine attuali, due di queste aperture 
sono ancora visibili all’estremità Sud ma nella parte occidentale.
Fino ad ora nessuno sembra essere stato preoccupato da questa contraddizione né 
interessato a risolverla.[30]
Secondo Van Pelt e Provan, che si basano sulla testimonianza di Tauber, due 
delle aperture dovrebbero essere localizzate nel lato Ovest del tetto. Come però 
osserva Pressac, comunque, questa e altre foto aeree mostrano invariabilmente le 
quattro tracce controverse sul tetto del Leichenkeller “lungo una linea 
attraversante la lunghezza della stanza nella parte orientale”. Qui è d’uopo 
richiamare l’affermazione di Tauber: “Il tetto della camera a gas era sostenuto 
da pilastri di cemento che si susseguivano lungo la parte centrale della sua 
lunghezza. Su ciascun lato di questi pilastri [corsivo mio] ce n’erano altri 
quattro, due per ogni lato.”
Se la testimonianza di Tauber è corretta, allora le foto aeree dovrebbero 
mostrare due macchioline su ogni lato della trave di supporto longitudinale. Ma 
come Pressac ha osservato, la dichiarazione di Tauber e le foto aeree si 
contraddicono reciprocamente: le zone che Van Pelt identifica come aperture 
sulle foto aeree sono leggermente sfalsate ma si trovano tutte ad Est della 
trave centrale di supporto; Tauber depose che due di esse si trovavano sul lato 
Ovest. Le due fonti di prova non convergono.
Riguardo alle tracce sulle foto aeree, Provan scrive: “Non importa quello che si 
può pensare sull’autenticità delle tracce macchiate, è impossibile considerarle, 
siano esse autentiche oppure no, come “fori”.” Perciò, secondo le parole di 
Provan, le foto aeree “ non possono essere utilizzate per provare o confutare 
che le stanze sotterranee fossero attrezzature di gasazione”.[31] Van Pelt non è 
stato capace di mostrare prove che contraddicessero Provan.
 
Una rivisitazione del “genocidio per telepatia”?
 
Avendo notato la mancanza di prove fotografiche delle aperture per lo Zyklon sul 
tetto, Provan ha fatto un’importante concessione. Riguardo al valore delle prove 
documentarie e fotografiche negli archivi di Auschwitz e degli Alleati per 
dimostrare l’esistenza di tali aperture, egli scrive: “Le deposizioni dei 
testimoni oculari riguardanti le camere a gas sotterranee del Crematorio II 
costituiscono la principale base probatoria a disposizione degli storici della 
Judenausrottung (sterminio degli ebrei). Gli altri tipi di prova utilizzati per 
sostenere i resoconti dei testimoni oculari riguardo alle aperture sul tetto 
della camera a gas non sono in grado di fornire la dimostrazione che queste 
aperture per l’introduzione dello Zyklon siano esistite davvero.”[32]
Mentre una tale conclusione potrebbe scoraggiare un ricercatore dotato di minore 
tenacia e immaginazione, Provan ritiene di aver scoperto un fondamento logico 
per l’assenza delle aperture nei documenti di costruzione e nelle foto: il 
bisogno di segretezza che circondava le operazioni di gasazione ad Auschwitz. 
Provan cita il comandante di Auschwitz Rudolf Hoss, che depose a Norimberga il 1 
Aprile 1946: “Mi misi immediatamente in contatto con il capo di una unità delle 
costruzioni e gli dissi che avevo bisogno di un grande crematorio. Gli dissi che 
stavamo per accogliere un gran numero di malati ma non gli comunicai la vera 
ragione del mio ordine.”[33] 
Provan ritiene che non venne comunicato a Karl Bischoff, capo della Direzione 
delle Costruzioni ad Auschwitz-Birkenau, il “vero scopo” fino al completamento 
dell’edificio, se mai gli venne comunicato. Provan crede che questo renda 
ragione alla tesi secondo la quale le aperture vennero praticate attraverso il 
tetto solo dopo che l’edificio venne completato, tesi che contraddice quella di 
Van Pelt.
L’idea di Provan crea molti problemi in luogo del singolo problema che egli ha 
cercato di risolvere. Durante lo stesso interrogatorio citato da Provan, Hoss 
affermò di aver inviato i progetti per la camera a gas del Leichenkeller 1 del 
Crematorio II a Himmler “dopo che avevamo ultimato i nostri progetti”, e “dopo 
averli modificati in conformità con lo scopo reale delle sue istruzioni”, 
dopodichè “essi furono approvati”. Se il racconto di Hoss riguardo alle 
aperture, preso nella sua interezza, è vero, allora avremmo avuto nuovi disegni, 
disegni e progetti corretti, e istruzioni per nuove costruzioni e per i 
cambiamenti delle attrezzature previste: sarebbe stato necessario tutto ciò. 
Inserire delle aperture sul tetto del Leichenkeller 1 avrebbe richiesto 
istruzioni costruttive fornite da e per gli ingegneri e i capisquadra e per gli 
operai. Queste indicazioni sarebbero state anche menzionate in numerose 
corrispondenze negli schedari della Direzione Centrale delle Costruzioni. Tutto 
ciò non c’è. Dove sono i disegni che vennero modificati “in conformità allo 
scopo reale degli ordini [di Himmler]? E perché, considerato quanto sopra, non 
includere le aperture nella costruzione originale del tetto?Le casseforme 
sarebbero state costruite e collocate in modo differente, la disposizione delle 
griglie di rinforzo sarebbe stata modificata per permettere l’inserimento delle 
aperture e per compensare la perdita di forza nelle zone circostanti del tetto, 
e il raggio di pilastri avrebbe parimenti richiesto modifiche strutturali per 
compensare la perdita di forza delle importantissime giunture della copertura 
(con svariate tonnellate di terra, neve e acqua piovana che avrebbero richiesto 
anch’esse attente considerazioni costruttive).
Un aspetto estremamente importante è poi costituito dalla membrana impermeabile, 
che avrebbe richiesto particolari attenzioni e modifiche prima che le aperture e 
i presunti camini di chiusura venissero inseriti nel tetto. Collocare 
semplicemente la membrana (feltro bituminoso) sotto il sottile rivestimento 
permeabile del cemento e poi attraverso (quelli che più tardi sarebbero 
diventati) i margini delle aperture sarebbe stato disastroso. E oltre a questo i 
presunti congegni di rete metallica descritti dai testimoni avrebbero richiesto 
molte prescrizioni nel design e nell’installazione.
Provan si sbaglia quando afferma che i disegni consultabili [dagli esecutori] 
includevano solo dettagli per un crematorio, non per l’attrezzatura di una 
gasazione omicida.” In che modo ad esempio, i disegni o i progetti segreti per i 
“pilastri di rete metallica” inviati solo a Himmler sarebbero stati trasmessi a 
Michal Kula nell’officina meccanica alcuni mesi dopo che questi apparati erano 
stati considerati necessari? Come avrebbe potuto Kula costruire questi oggetti 
minuziosi senza tali disegni? E’ forse questo un altro esempio di quello che 
Robert Faurisson ha definito “genocidio per telepatia”?[34] 
Qui Provan si trova in contrasto anche con Pressac. Il ricercatore francese la 
lavorato negli archivi di Auschwitz e nei luoghi del campo per scoprire, in 
assenza di solide prove, presunte “tracce criminali” delle camere a gas da 
frammenti di documentazione relativi a ferramenta, carpenteria e materiale di 
costruzione. Molto del lavoro di Pressac è stato fatto proprio da Van Pelt. Come 
ho però scritto altrove, l’idea di tracce criminali riconoscibili crea un grande 
problema all’interpretazione di Provan:
Se gli architetti dei crematori non conoscevano quale fosse il “vero” scopo 
dell’edificio, allora tutte le cosiddette “tracce criminali” di Pressac, quali 
la pretesa rimozione dello scivolo [sic] per i cadaveri, la parola 
“Vergasungskeller” menzionata nel rapporto di una ditta non militare, il disegno 
di un sistema di ventilazione, e tutte le disposizioni per oggetti a tenuta di 
gas, etc., devono parimenti essere state necessariamente considerate come non 
criminali nella loro funzione. Se le aperture vennero deliberatamente escluse 
dalla pretesa trasformazione a scopo criminale dell’edificio, allora nessun 
aspetto della pretesa trasformazione criminale può aver preceduto il 
completamento dell’edificio stesso. O l’edificio venne modificato per uno scopo 
criminale prima del completamento oppure non lo fu. Se lo fu, allora dovrebbe 
esserci la prova delle “aperture per lo Zyklon” nelle fotografie [e nei disegni] 
del 1943, ma la prova non c’è.[35]
Secondo la tesi di Provan, le aperture furono successivamente “battute” o 
“picchiate” nel cemento solido dopo che il tetto di cemento era stato ultimato. 
Egli si riferisce alla testimonianza di Rudolf Hoss concernente la 
trasformazione del Leichenkeller del Crematorio I nel campo principale di 
Auschwitz, quale prova per una presunta trasformazione omicida. Sorge però il 
problema che il Crematorio I venne costruito e utilizzato come camera mortuaria, 
e si presume che sia stato modificato a scopo omicida solo più tardi, nel 1941. 
Si presume che anche il Crematorio II venne progettato per un utilizzo non 
omicida ma, secondo Van Pelt, venne destinato ad una trasformazione in senso 
criminoso nell’Agosto del 1942, più di cinque mesi prima che venisse effettuata 
la gettata di cemento sul tetto del Leichenkeller.[36]
Riassumendo, non avrebbe avuto senso scavare delle aperture nel cemento solido, 
o costruire presunti camini-coperchi per i congegni di rete metallica dopo che 
le aperture erano state realizzate. Provan teorizza che il cemento venne prima 
versato, poi qualche tempo dopo staccato nei punti richiesti, quindi versato di 
nuovo per creare “camini”. Questi “camini”avrebbero richiesto una particolare 
impermeabilizzazione alla loro base, per impedire all’acqua piovana e alla neve 
del Gennaio-Febbraio del 1943 di filtrare attraverso le aperture. Come ho 
osservato in precedenza, tutto ciò avrebbe potuto essere realizzato in una sola 
operazione collocando casseforme di legno per creare i fori e i camini necessari 
durante la costruzione del tetto.
Non esiste prova che alcunché di tutto ciò venne fatto, proprio come non ci sono 
aperture che avrebbero ospitato i pilastri metallici descritti da Michal Kula.
In questo contesto, l’evocazione di Provan di un improbabile e mal definito 
impegno alla segretezza da parte di Hoss (si presume forse che il comandante 
abbia personalmente martellato le aperture al chiaro di luna?) come 
giustificazione di metodi d’altro canto irresponsabilmente sciatti emerge più 
come un paralogismo che come una vera spiegazione.
 
Il problema dei testimoni di Provan
 
In contrasto con Van Pelt e altri storici di Auschwitz, che si sono accontentati 
di basarsi sugli estratti presi da una manciata di testimonianze, Provan ha 
presentato sedici dichiarazioni testimoniali massimamente contraddittorie sulle 
pretese aperture e le loro caratteristiche. Egli ha cercato di conciliare queste 
testimonianze con indagini che egli ha condotto sul posto, sebbene assai 
stranamente nel suo opuscolo egli inizi dalle testimonianze, per passare poi al 
sopralluogo.
Provan sminuisce sette delle testimonianze come “di minore importanza”, 
giudicando le altre nove “di maggior importanza”. Va detto che la sua analisi di 
queste testimonianze non è sempre chiara, e i suoi criteri sembrano aver 
lasciato ampio spazio all’arbitrarietà. Mentre alcune delle sue testimonianze di 
“minore importanza” possono essere facilmente contestate (l’asserzione di Janda 
Weiss che bambini piccoli venissero gettati nel Leichenkeller sotterraneo 
attraverso una finestra inesistente), altre sembrano essere state escluse in 
quanto non armonizzabili con fatti non ancora stabiliti. Così, Provan sminuisce 
la testimonianza di Filip Friedman perché Friedman localizza i pilastri concavi 
nei “quattro angoli del Leichenkeller, cosa non vera.”[37]
E’ interessante che Provan non abbia incluso la deposizione di Michal Kula, che 
descrisse “pilastri di rete metallica” di 70 centimetri in sezione, tra le 
testimonianze che egli analizza. Egli ignora perciò uno dei due testimoni 
capitali di Van Pelt, sebbene abbia incluso testimoni che descrivono stranezze 
tali quali la “finestra attraverso la quale i nazisti potevano gettare bambini” 
di Weiss, il lancio di “bombe a gas”, o quelle che Provan descrive come “cose 
impossibili da vedere” [dall’esterno del Crematorio].[38]
La ragione di questa omissione sembra ovvia. Kula ha affermato precisamente che 
egli costruì i “pilastri di rete metallica”, ma le dimensioni che ha fornito (3 
metri in altezza per 70 centimetri quadrati) sono impossibili da conciliare con 
l’assenza di qualunque apertura di quelle dimensioni sul tetto del 
Leichenkeller, come i vani sforzi di Van Pelt e (come stiamo per vedere) di 
Provan dimostrano abbondantemente.
Avendo omesso la testimonianza di Kula, Provan considera la deposizione di Karl 
Schultze – un impiegato della Topf che si dice abbia installato il sistema di 
ventilazione nel Leichenkeller 1 nei giorni 11-13 Marzo del 1943 – di grande 
importanza. Nel 1946 Schultze venne interrogato sulla “disposizione interna 
della camera a gas”. Egli la descrive nel modo seguente: “L’edificio era largo 
otto metri e lungo trenta. All’interno era completamente vuoto. L’altezza 
raggiungeva 2.6 metri. Sul soffitto c’erano quattro aperture quadrate di 
centimetri 25 per 25.”[39]
Bisogna osservare che Schultze ha fornito misure assai precise per l’esterno 
dell’edificio, che egli può aver spigolato soltanto dai disegni architettonici 
(le misure interne erano 7 metri in larghezza e 2.4 metri in altezza), piuttosto 
che dall’osservazione personale. Provan sembra noncurante del fatto che la 
dichiarazione di Schultze contraddice l’affermazione che i pilastri di rete 
metallica erano stati installati (“l’interno era completamente vuoto”). Schultze 
non menziona neppure i pretesi “camini di cemento”. Si tratta di omissioni 
decisamente rimarchevoli, considerata l’epoca tardiva in cui il sistema di 
ventilazione venne installato (dalla metà alla fine di Febbraio del 1943).
Evidentemente quello che a Provan interessa è che egli ha trovato un testimone 
che fornisce le misure di aperture più piccole (25 per 25 centimetri), aperture 
le cui tracce potrebbero venire eventualmente mostrate sul tetto.
 
Davvero le aperture sono state rintracciate?
 
Abbiamo dimostrato in precedenza che Robert Van Pelt ha travisato le descrizioni 
fornite da Tauber e Kula dei “pilastri di rete metallica”, che richiedono 
necessariamente una misura esterna di 70 centimetri quadrati, una misura che 
avrebbe superato il livello del tetto, poiché tali congegni sono stati anche 
descritti come alti “approssimativamente 3 metri”. Abbiamo dimostrato anche, 
sulla base delle prove presentate finora , che non ci sono aperture di quelle 
dimensioni sulle rovine del Leichenkeller 1 del Crematorio II. 
A differenza di Van Pelt, Provan afferma di aver trovato le aperture tra le 
macerie. Ci sono forse aperture più piccole nelle rovine del tetto ? Si. Pongono 
dei problemi? Si, ma non per i revisionisti.
E’ una certezza fisica che il Leichenkeller 1 fu fatto saltare in aria nel 1945. 
La violenza di quella esplosione produsse una quantità di fori e di spaccature 
sulla copertura del tetto.
A partire dal 1945 sono stati creati altri fori. Ad esempio, i revisionisti 
hanno scritto ampiamente riguardo alle due grandi aperture, create manualmente, 
nella zona sud-occidentale del tetto, aperture che si trovavano nel posto 
sbagliato per essere state dei “fori per l’introduzione dello Zyklon B”, a 
giudicare dalle foto aeree e dalla “convergenza” di Van Pelt e Provan 
nell’accettare la testimonianza di Henryk Tauber. I tondini di ferro in questa 
zona furono o troncati o piegati, a dimostrazione che queste aperture sono 
ricostruzioni post belliche. Una di queste aperture, localizzata vicino al primo 
dei sette pilastri di supporto, è semplicemente un allargamento di un’apertura 
che si formò quando l’edificio venne fatto saltare in aria. La griglia di 
rinforzo e le parti metalliche tagliate sono ancora visibili nelle rovine 
attuali. C’è una spaccatura emergente dalla zona dove il pilastro di sostegno di 
cemento è venuto a posarsi, un metro più lontano, spaccatura che passa 
attraverso il foro sull’altro lato. Tale spaccatura avrebbe reso più facile ai 
comunisti sovietici o polacchi scalpellare questo punto dopo la guerra. 
Viceversa non c’è traccia che questa apertura esistesse prima della colata del 
tetto in cemento. Infine, è troppo grande per essere stato un foro per lo Zyklon 
B di 25 centimetri quadrati, e troppo piccolo per uno di 70 centimetri 
quadrati.[40]
Nel mezzo della lunghezza del Leichenkeller 1 correva una trave centrale di 
sostegno, larga e alta 40 centimetri. Sette pilastri di cemento erano posti a 
intervalli regolari sotto di essa, a 3.8 metri gli uni dagli altri. Questa trave 
fu gravemente danneggiata dalle cariche di esplosivo poste nel 1945. Provan ha 
identificato tre zone, nelle immediate vicinanze della trave, come possibili 
ubicazioni delle aperture per lo Zyklon B. Queste zone di cemento frantumato 
sono localizzate vicino all’area dove erano collocati il primo, il terzo e il 
quinto pilastro.
Scrive Provan:
Consideriamo assai significativo che [due aperture] erano localizzate 
immediatamente ad Est della colonna centrale del tetto [trave], ognuna 
esattamente vicino ad un pilastro di sostegno (in questo caso i pilastri 3 e 5). 
Va notato che la colonna centrale ad Ovest delle due aperture è distrutta, e non 
restano che i tondini di ferro. Il tetto sopra i tondini di rinforzo è anch’esso 
distrutto in entrambi i punti.[41]
La tesi riguardante sia il numero e l’ubicazione delle presunte aperture per lo 
Zyklon del Crematorio II, che la loro stessa esistenza, è affidata alle 
testimonianze, come Provan ammette. Nel corso del processo Irving-Lipstadt, Van 
Pelt ha presentato un gran numero di documenti alla corte, cercando di 
avvalorare le prove testimoniali. Il giudice Gray ha riconosciuto “la forza di 
molte osservazioni di Irving riguardo ad alcune di queste categorie [di prova]. 
Egli [Irving] ha ragione nel far notare che i documenti d’epoca, quali disegni, 
progetti, corrispondenza con fornitori e così via, mostrano prove poco chiare 
dell’esistenza di camere a gas destinate ad uccidere esseri umani.” Gray ha 
scritto anche che “le prove fotografiche dell’esistenza di camini che sporgevano 
attraverso il tetto della camera mortuaria 1 nel Crematorio 2 sono, lo accolgo, 
difficili da interpretare.”
Il testimone chiave, sia per Van Pelt che per Provan, è Henryk Tauber. Tauber 
dichiarò che c’erano quattro aperture, due ad Ovest della trave centrale del 
Leichenkeller, e due ad Est. Le “chiazze” o “macchioline” sulle foto aeree sono 
sfalsate, leggermente zigzaganti. Se la testimonianza di Tauber e le macchie 
sulle foto aeree vanno accettate insieme, allora le aperture esistenti devono 
attraversare la trave centrale di sostegno, due su ogni lato. Provan ha 
identificato due aperture in successione, entrambe ad Est della trave del tetto. 
Come Pressac ha osservato, però, la dichiarazione di Tauber e le caratteristiche 
delle foto aeree si contraddicono reciprocamente in quanto le foto aeree 
mostrano zone identificate come aperture leggermente sfalsate, solo sul lato 
Est; Tauber affermò che ce n’erano due sul lato Ovest della trave. Queste due 
fonti di prova, come Pressac riconosce, non “convergono”. Il sopralluogo di 
Provan non ha fatto nulla più che evidenziare questa discrepanza inconciliabile. 
Egli ha selezionato delle aperture sul tetto vicine ai pilastri di sostegno che 
non sono differenti da un’altra apertura accanto ad un pilastro che non può 
essere stata, in base alle sue prove, l’ubicazione di un “foro per 
l’introduzione dello Zyklon B”. Charles Provan, con i suoi lavori sul sito del 
Leichenkeller 1, ha anche mostrato definitivamente che i “pilastri di rete 
metallica” delle dimensioni (70 centimetri quadrati) descritti da Michal Kula e 
Henryk Tauber non possono essere esistiti, cosa che è un problema anche per Van 
Pelt.
E’ un peccato che Provan sembri non aver consultato il libro del 1989 di 
Pressac, per corroborare l’importanza delle sue osservazioni. In quel libro 
Pressac ha pubblicato una foto, che egli ha preso dall’interno del 
Leichenkeller, della zona circostante il secondo pilastro di sostegno.[42] 
Nessun testimone o ricercatore ha mai affermato che un foro per lo Zyklon B 
fosse localizzato qui. Né avrebbe senso affermarlo. E’ assai significativo che 
la foto di Pressac mostri chiaramente le stesse caratteristiche che Provan ha 
osservato per le zone 1, 3 e 5. Il cemento alla giuntura del pilastro di 
supporto e della trave centrale del tetto è stato frantumato dalle cariche 
esplosive. Il tetto si è spostato leggermente verso Est, e un’apertura quadrata 
si è formata sul tetto direttamente sopra e ad Est del pilastro. Due frammenti 
di tondini di ferro connettono l’apertura al pilastro di sostegno. E’ ovvio che 
l’apertura quadrata in questa zona del tetto si è formata durante l’esplosione, 
esattamente come presso i pilastri 3 e 5, e come presso il pilastro 1 nella 
direzione opposta (in questa ultima zona il tetto si è spostato verso Ovest 
durante l’esplosione). Il tetto si è sollevato ed è sprofondato, e la copertura 
di 20 centimetri del tetto è andata in pezzi, probabilmente lungo le linee dei 
tondini di ferro. Non c’è mistero qui: il dislocamento violento del tetto ha 
prodotto delle aperture.
 
Conclusione
 
Sulla questione delle aperture mancanti del Leichenkeller 1 del Crematorio II, 
il giudice Gray ha riconosciuto che “l’argomentazione di Irving merita di essere 
presa seriamente”, e che “infine il compito di uno storico è quello di soppesare 
le prove dell’assenza di tracce delle aperture sul tetto della camera mortuaria 
rispetto alle prove contrarie che ci furono dei camini lungo il tetto”[43]
Questo articolo non è semplicemente il risultato di un cortese accoglimento 
della sfida storica di Gray, perché cerca non solo di soppesare le prove pro e 
contro la presenza delle aperture, ma anche il modo con il quale i fautori delle 
aperture hanno presentato tali prove. Abbiamo dimostrato che nella loro 
valutazione di prove dichiaratamente esili per queste aperture cruciali, Van 
Pelt, Provan, Pressac, e Shermer sono stati quasi sempre tra loro discordanti 
riguardo a quello che hanno trovato. Van Pelt ha perlustrato le rovine del tetto 
del crematorio, e non ha trovato nulla. Provan ha fatto la stessa cosa, e 
sostiene di aver trovato le aperture. Mentre entrambi pretendono aperture più 
piccole di quelle garantite dal testimone chiave – l’uomo che giurò di aver 
fabbricato le colonne di rete metallica che passavano per le aperture del tetto 
– Van Pelt accetta quella testimonianza, ma poi la distorce; Provan la trascura. 
Van Pelt sostiene che le aperture vennero fatte al momento della costruzione del 
tetto; Provan sostiene che vennero praticate alcune settimane più tardi. Van 
Pelt vede aperture e camini nelle foto d’epoca laddove Provan non vede nulla di 
ciò. Il loro collega Pressac nota che le foto aeree mostrano le aperture su una 
parte del tetto che non collima con la deposizione del testimone di Van Pelt e 
Provan; Pressac, come Van Pelt, non capisce che i segni sulla foto non possono 
essere quelli di camini o di aperture. Shermer ha inclinato la foto in modo tale 
da fare sembrare le tracce in linea con la testimonianza prediletta di Van Pelt 
e Provan. 
E’ Shermer che ha fatto della “convergenza di prove” un mantra. Egli ha trovato 
pronta eco nell’esperto della Lipstadt alla corte londinese. Osservare la 
divergenza surreale di questi saggi dell’Olocausto nel loro vario annaspare 
intorno alle aperture introvabili, giacché essi piegano e contorcono ogni 
molecola di realtà e di immaginazione per dare sostanza a quello che cercano, 
significa capire che, almeno per loro, “convergenza di prove” vuol dire 
escogitazione di prove.
Se le aperture per lo Zyklon sul tetto del Leichenkeller 1 fossero davvero state 
lì, come detto dai più importanti testimoni nel giro di pochi mesi dopo la fine 
di Auschwitz, la prova indubbia della loro esistenza starebbe lì, visibile 
ancora oggi. Ma non c’è, e gli sforzi degli esperti sterminazionisti più 
qualificati e dei dilettanti più assidui per giustificare l’assenza di questa 
prova, e l’assenza di ogni altra prova d’epoca all’infuori delle dichiarazioni 
rese a un processo “show” organizzato dai sovietici – come pure ai processi 
successivi – non hanno prodotto per l’industria dell’Olocausto altro che una 
tragicommedia. In realtà, non c’erano aperture per lo Zyklon nel Crematorio II 
di Auschwitz-Birkenau, e l’assenza di quei fori dimessi lascia il mito di 
Auschwitz devastato come il cemento, e contorto come un tondino di ferro, nelle 
rovine attuali della camera mortuaria.
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[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale può essere consultato
All’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v20/v20n5p33_Renk.html 
[2] Steve Lipman, “Holocaust Denial Trial: Do We Care?,” Jewish Week, 24 
Febbraio 2000. Deborah Lipstadt è l’autrice di “Denying the Holocaust: The 
Growing Assault on Truth and Memory (NY: Free Press, 1993). La casa editrice 
Penguin Books fu l’altro imputato principale nella causa intentata da Irving.
[3] Trascrizione da Mr. Death: the Rise and Fall of Fred Leuchter Jr., 1999, 
documentario diretto da Errol Morris.
[4] Arthur Butz, The Hoax of the Twentieth Century, Newport Beach, 1993, p.14.
[5] Giudizio del giudice Gray reso l’11 Aprile del 2000 nell’Alta Corte di 
Giustizia 1996, I, n°113, Queen’s Bench Division, (David John Cawdell Irving vs. 
Penguin Books Limited & Deborah Lipstadt), Sezione 13.127. Disponibile in rete 
all’indirizzo www.fpp.co.uk . D’ora in avanti: Giudizio. 
[6] Michael Shermer, Proving the Holocaust”, Skeptic 2, n°4, pp.41-43; Michael 
Shermer e Alex Grobman, Denying the Holocaust: Who Says the Holocaust Never 
Happened and Why Do They Say It?, Berkeley, 2000, pp.31-35, 117-119, 133-137, 
249-251; perizia di Robert Jan Van Pelt, dottore in Lettere, professore di 
Architettura all’Università di Waterloo (Ontario, Canada), su richiesta di 
Davemport Lyons e Mishcon de Reya, avvocati, per assistere la Queen’s Bench 
Division [Tribunale reale] della Alta Corte di Londra nella Causa tra David John 
Cawdell Irving, querelante, contro Penguin Books Limited & Deborah Lipstadt, 
imputati (copyright 1999 di Robert Jan Van Pelt), parta quarta [vedere le note 7 
e 9], Capitolo VII: Auschwitz and Holocaust Denial, p.3-5. D’ora in avanti: 
Rapporto Van Pelt. 
[7] Giudizio, Sezione 7.92.
[8] Rapporto Van Pelt, Capitolo IX, Il Rapporto Leuchter, p.295. Va qui rilevato 
che Van Pelt, nella frase citata, distingue opportunamente tra i pretesi 
congegni di rete metallica e i camini; il giudice Gray sembra aver mescolato i 
due elementi nel riassunto della sua sentenza citata sopra.
[9] Alta Corte di Giustizia,1996, I, n°113, Tribunale Reale, Londra, 28 Gennaio 
2000, P-129, P-130. D’ora in avanti: Trascrizione del processo.
[10] Rapporto Pelt, Capitolo IX, Il Rapporto Leuchter, p.295. Inoltre, Giudizio, 
7.118: “Gli imputati accettano che le tracce rimaste ad Auschwitz non forniscono 
prove sufficienti per sostenere la tesi che vi fossero camere a gas operanti a 
scopo di genocidio. La spiegazione, secondo gli imputati, è che, dopo le 
rivelazioni da parte dei media alleati sulle camere a gas del campo di Majdanek, 
alla fine del 1944, Himmler abbia ordinato lo smantellamento delle installazioni 
di sterminio nei crematori di Auschwitz.
[11]“Gas Chamber Did not Exist – Historian, BBC in rete, Gennaio 26, 2000.
http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/619619.stm . Il rapporto della BBC è 
un’attenta parafrasi delle osservazioni di Irving conservate nella Trascrizione 
del 25 Gennaio 2000. P-187.
[12] Charles D. Provan, No Holes? No Holocaust? A Study of the Holes in the Roof 
of Leichenkeller 1 of Krematorium II at Birkenau (Monongahela, Pennsilvania, 
2000), pp. 24-31. Disponibile anche in rete all’indirizzo: 
http://web.archive.org/web/20011126203833/http://www.revisingrevisionism.com/
[13] Trascrizione, 26 Gennaio 2000. P-84. Il termine “Sonderkommando” – 
letteralmente “mansione speciale” - designava, tra le altre unità, i contingenti 
di prigionieri che lavoravano nei crematori.
[14] Van Pelt export report, capitolo IV, testimonianze giurate 1945-46, p.44.
[15] Ibid, p.45.
[16] Ibidem.
[17] Trascrizione, 25 Gennaio, 2000. P-181, P-182.
[18] Pressac, Jean-Claude, Auschwitz: Technique and Operation of the Gas 
Chambers (New York: Beate Klarsfeld Foundation, 1989), p.487.
[19] Trascrizione, Gennaio 26, 2000. P-6-16.
[20] Nota del traduttore: in realtà il primo ricercatore revisionista ad aver 
compiuto questa dimostrazione non è stato Germar Rudolf ma Jean-Marie Boisdefeu, 
nella sua opera La controverse sur l’extermination des Juifs par les Allemands, 
tomo I, L’examen des preuves, Bruxelles, 1994. Il libro è disponibile in rete 
all’indirizzo http://litek.ws/aaargh/fran/livres2/bdf1.pdf
[21] PMO (Museo di Stato di Auschwitz), negativo 20995/494 serie Kamann. 
Pubblicato in Pressac, op. cit., p.340 Vedi anche Provan, op. cit., pp.17-18, e 
Ernst Gauss (Germar Rudolf), editore, Dissecting the Holocaust, Capshaw, 
Alabama, 2000, pp.346-347. Come Rudolf suggerisce, i tre oggetti sul tetto 
potrebbero essere stati materiale di costruzione.
[22] PMO, negativo 20995/506, serie Kamann. In Pressac, op. cit., p.335. Vedi 
anche Provan, op. cit., pp.18-19. Vedi anche in rete all’indirizzo 
http://www.air-photo.com
[23] “Noi sappiamo che i cambiamenti, almeno dal progetto che abbiamo visto lì, 
i cambiamenti del progetto furono decisi – intendo certamente per la posa della 
porta in quella nuova scala fu a Dicembre, l’edificio era stato – che il 
programma genocida ad Auschwitz era stato adottato in Agosto, il tetto venne 
probabilmente ultimato in Dicembre, così non c’era ragione di incidere [le 
aperture] attraverso il tetto. Essi potrebbero aver praticato le aperture 
immediatamente nel tetto mentre lo stavano costruendo. (Trascrizione del 
processo Irving-Lipstadt, Giorno 11, pp.127-128.) Van Pelt si riferisce al 
disegno n°2003 della Direzione Centrale delle Costruzioni di Auschwitz datato 19 
Dicembre 1942, Museo di Stato di Auschwitz, box BW (B) 30/12, citato in Deborah 
Dwork e Robert Jan Van Pelt, Auschwitz: 1270 to the Present, New York, 1996, 
foglio 17. Van Pelt, Pressac e Gerald Fleming hanno sostenuto che l’apparente 
eliminazione dello scivolo per i cadaveri indica che solo corpi di persone vive 
camminassero nelle stanze del seminterrato, un’analisi scadente, secondo la 
quale le vittime di “morte naturale” non avrebbero potuto essere trasportate 
nelle camere mortuarie sotterranee. E’ assai significativo che le sole 
caratteristiche materiali menzionate di tutta la sezione del seminterrato 
(Kellergeschoss) sono il soggetto del disegno stesso, e cioè l’entrata del 
seminterrato sulla strada (Verlegung des Kellerzuganges an die Strassenseite), e 
il montacarichi (Aufzug). Ci sono molti disegni successivi del 1943 che mostrano 
l’inclusione dello scivolo per cadaveri e altri dettagli del seminterrato. Vedi 
Carlo Mattogno, Auschwitz 1270 to the Present, Note critiche (undicesima 
annotazione) in rete all’indirizzo: 
http://web.archive.org/web/20020817070530/http://www.russgranata.com/irving.html
[24] Trascrizione, 26 Gennaio, P-17
[25] Trascrizione, 28 Gennaio, P-109-113.
[26] Provan, op. cit., p.18.
[27] Trascrizione, 26 Gennaio, P-27
[28] John C. Ball, Air Photo Evidence, Toronto, 1994. Vedi anche 
http://www.air-photo.com 
[29] Provan, op. cit., pp.13-14. Provan attribuisce l’alterazione della prova 
fotografica a un intento didattico compiuto in buona fede da parte degli autori 
della CIA, uno dei quali era un esperto in falsificazioni fotografiche durante 
la sua carriera con l’Agenzia.
[30] Pressac, op. cit., p.436.
[31] Provan, op. cit., pp.13, 30.
[32] Ibid., pp.29-30.
[33] Ibid., p.15. L’accusa di Provan contraddice quanto affermano Dwork e Van 
Pelt, op. cit., p.316: Himmler ordinò l’ampliamento di Auschwitz-Birkenau fino a 
200.000 detenuti e diede ordine ad Eichmann di riempire il campo con ebrei abili 
al lavoro.” (Basato su un piano del 15 Agosto 1942, Museo di Stato di 
Auschwitz-Birkenau, box BW (B) 2/1, raccolta BW 2/10). Vedi anche, “Bischoff 
redasse un piano per la trasformazione di Auschwitz-Birkenau in un pool di 
200.000 lavoratori detenuti per l’industria degli armamenti,” ibid., p.321.
[34] Robert Faurisson, Genocide by Telepathy, Hilberg Explains, Journal of 
Historical Review 18, n°1 (Gennaio-Febbraio 1999). Disponibile in rete 
all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v18/v18n1p15_Faurisson.html 
[35] Brian Renk, Additional Comments on the Provan booklet “No Holes? No 
Holocaust? A Study of the Holes in the Roof of Leichenkeller I of Crematorium II 
at Birkenau”, disponibile in rete
All’indirizzo: http://www.codoh.com/gcgv/gcgvholes2.html . Per una brillante 
analisi delle “tracce criminali” di Pressac vedi Robert Faurisson, Auschwitz: 
Technique and Operation of the gas Chambers (part 1), Journal of Historical 
Review 11, n°1 (Primavera 1991) pp.46-59.
[36] Brian Renk, Additional Comments.
[37] Provan, op. cit., p.10.
[38] Ibidem.
[39] Ibid, p.4. Da “Der Spiegel”, n°40, 1993, p.162 (“Protokolle des Todes”).
[40] Provan, op. cit., vedi le fotografie, disponibili anche in rete 
All’indirizzo: 
http://web.archive.org/web/20011126203833/http://www.revisingrevisionism.com 
[41] Ibid, p. 29.
[42] Pressac, op. cit., p.353.
[43] Giudizio, 13.83.
13/02/2007
STORIA 2007
http://www.italiasociale.org/storia07/storia130207-2.html 
