Convergenza o divergenza?
Sulle recenti “prove” delle aperture per l’introduzione dello Zyklon B nel Crematorio II di Auschwitz-Birkenau[1]

 


Brian Renk (2001)


Quella che è stata definita come “la più ampia indagine processuale del periodo dell’Olocausto dai tempi (1961) del processo ad Adolf Eichmann in Israele”, l’azione giudiziaria intrapresa da David Irving contro Deborah Lipstadt, ha portato una ventata di nuova ricerca e ha rinnovato il dibattito sulle gasazioni ad Auschwitz, durante la seconda guerra mondiale.[2] Nessun aspetto della tesi riguardante le gasazioni di Auschwitz fu più contestato in quel processo delle prove pro e contro i quattro fori sul tetto di una stanza sotterranea del Crematorio II di Auschwitz-Birkenau. Gli scontri su tali prove tra Irving e l’esperto della difesa sull’architettura di Auschwitz, il professor Jan van Pelt, fornirono alcune tra le discussioni più accese del processo.

Per quanto la questione riguardante delle aperture su un tetto possa sembrare prosaica, entrambi gli attori della controversia, revisionisti e “sterminazionisti”, concordano sul fatto che tali fori sarebbero stati necessari per l’introduzione dell’ agente letale dichiarato, il pesticida a base di cianuro denominato Zyklon B. I fori in questione diventano pertanto fondamentali per l’accusa secondo la quale le vittime venivano assassinate con il gas in uno scantinato del Crematorio II nel 1943 e nel 1944. Veramente, agli occhi del professor Van Pelt, considerato l’esperto più autorevole tra gli storici dell’establishment della struttura e delle funzioni dei crematori di Auschwitz: “il Crematorio II è l’edificio più letale di Auschwitz. Nei 760 metri quadri di questa singola stanza, persero la vita più persone che in ogni altro luogo del pianeta. Gli assassinati furono 500.000. Se si volesse disegnare una mappa della sofferenza umana, se si creasse una geografia delle atrocità, questo ne costituirebbe il centro assoluto.”[3]

I ricercatori revisionisti, consapevoli dell’opinione di Arthur Butz secondo cui “Auschwitz è la chiave di tutta la storia” dell’accusa delle gasazioni di massa, da lungo tempo hanno concentrato la propria attenzione su tale campo.[4] Nel corso di quest’indagine, alcuni revisionisti hanno richiamato l’attenzione sull’assenza delle necessarie aperture sul tetto della presunta camera a gas del Crematorio II di Auschwitz. Alla fine degli anni ’70, quando Auschwitz era controllata dal governo comunista polacco, lo svedese Ditlieb Felderer scattò centinaia di fotografie delle rovine dei crematori di Auschwitz, e notò l’apparente assenza dei fori per l’introduzione dello Zyklon B descritti dalle testimonianze oculari. Fred Leuchter e Germar Rudolf condussero indagini più rigorose di tali rovine nei tardi anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, giungendo alle stesse conclusioni. L’eminente revisionista francese professor Robert Faurisson riassunse nel 1993 il problema delle aperture con un semplice slogan, “Niente aperture, niente Olocausto.”

Durante il processo Irving non era semplicemente la prova pro o contro le cruciali aperture ad essere in discussione, ma anche il modo in cui tale prova dovesse essere valutata. Nel suo giudizio dell’11 Aprile 2000, il giudice Charles Gray si domandò se lo storico britannico David Irving avesse “deformato o falsificato o travisato le prove”, cosa che la difesa della Lipstadt sollecitamente asseriva.[5]

D’altro canto, durante il processo, Van Pelt invocò un concetto esplicativo in apparenza diametralmente opposto alla deformazione dei fatti: la “convergenza di prove”. Si tratta di un procedimento di valutazione per il quale tipologie di prova indipendenti tra loro, vagliate assieme ai singoli indizi, permetterebbero di giungere ad una conclusione comune, anche in assenza della cosiddetta “pistola fumante”.[6]

Scopo prioritario di quest’articolo è un’indagine accurata dei recenti, e apparentemente autorevoli, tentativi di provare la presenza di aperture sul tetto del Leichenkeller (o camera mortuaria) 1 del Crematorio II, da parte del perito della Lipstadt Robert Jan Van Pelt e di altri. Consapevole dell’esigenza di un’attenta valutazione delle prove emerse nel corso del processo Irving, questo articolo esaminerà anche i differenti generi di prova presentati per le aperture suddette, alla luce delle interpretazioni favorevoli e contrarie: esiste una reale convergenza di prove, oppure le risultanze contrarie sono state deformate e falsificate per farle sembrare coerenti con la tesi proposta?

 



Le aperture mancanti
 



Nel suo giudizio in favore di Deborah Lipstadt e della Penguin Books, il giudice Charles Gray ha così riassunto il contrasto di opinioni tra gli imputati e David Irving sulla prova presentata dalla difesa dell’esistenza di aperture nel tetto della pretesa camera a gas del Crematorio II:

E’ riconosciuto da tutti che il tetto del Leichenkeller 1 era sostenuto da sette colonne di cemento. Gli imputati sostengono che adiacenti a quattro di queste colonne corressero delle condutture cave o camini fatti con pesanti reti metalliche che si protendevano, attraverso dei fori, nel tetto, da dove venivano versati i granuli di veleno che cadevano nella stanza sottostante. Queste condutture misuravano in sezione 70 centimetri quadrati ma si assottigliavano all’estremità superiore, là dove passavano attraverso il tetto. La tesi di Irving è che queste condutture non siano mai esistite. Egli ha fatto quest’affermazione perché, così sostiene, non esiste traccia, in ciò che rimane del tetto, delle aperture descritte. Inoltre tali condutture non appaiono nei progetti per la costruzione dei Crematori. Una parte del tetto del Leichenkeller 1 è intatta, sebbene sia sprofondata sul pavimento. Irving ha presentato una fotografia che sembra non mostrare traccia di alcuna apertura sul tetto.[7]

Nella sua successiva sentenza il giudice Gray rilevò un’importante concessione da parte di Robert Jan Van Pelt, il perito della difesa per i crematori di Auschwitz: “Van Pelt ha ammesso in uno dei suoi rapporti supplementari che non vi è traccia delle aperture.” O, come Van Pelt ha scritto nella sua perizia per la difesa della Lipstadt: “Oggi, queste quattro piccole aperture che collegavano le colonne di rete metallica con i camini non sono visibili sulle rovine della copertura di cemento.”[8]

Durante il contro interrogatorio condotto da David Irving, il 28 Gennaio 2000, Van Pelt ammise di aver “ispezionato più volte il tetto della pretesa fabbrica della morte”, ma di non avervi visto le necessarie aperture:


-Irving: “Lei non ha visto nessuna apertura sul tetto, non è vero? Le ha trovate, le aperture?
-Van Pelt: “Non ho visto le aperture per le colonne, no.”

-Irving: “Non per l’introduzione del cianuro?”
-Van Pelt: “No.”[9]

Nel suo rapporto, Van Pelt offrì una strana giustificazione per l’assenza di queste aperture:

“Tuttavia questo significa che non erano mai state lì? Noi sappiamo che dopo la cessazione delle gassazioni, nell’Autunno del 1944, tutte le attrezzature omicide furono rimosse, tra le quali erano comprese sia le colonne di rete metallica che i camini. Rimanevano le quattro piccole aperture sulla copertura. Mentre non vi è certezza su questa questione, si può ipotizzare che sarebbe stato logico applicare qualche cassaforma nel punto in precedenza occupato dalle colonne, sul soffitto della camera a gas, e versare del cemento nei fori, restaurando così la copertura.”[10]

Durante il contro interrogatorio, Irving espresse sdegno per quest’argomento. Come venne riportato dal programma BBC News Online, Irving disse alla corte: “Mi rifiuto di credere che i nazisti, negli ultimi giorni convulsi del campo, in preda a una fifa blu, se ne andassero in giro con secchi di cemento a riempire i buchi che avrebbero di lì a poco fatto saltare in aria.”[11]
 



Un restauro così perfetto da non lasciare tracce?
 



Esistono sensate ragioni tecniche per unirsi ad Irving nel rifiutare l’affermazione di Van Pelt che i tedeschi otturarono, o addirittura “restaurarono”, le pretese aperture per lo Zyklon sul tetto del Leichenkeller 1. In primo luogo, sarebbe stato semplicemente impossibile “restaurare la copertura”, come sostiene Van Pelt.

I tetti di cemento del Leichenkeller erano rinforzati con armature di tondini di ferro. Se le aperture fossero state concepite prima della gettata di cemento originaria, e realizzate con delle casseforme collocate per delimitare l’afflusso del cemento (come Van Pelt ritiene), allora certamente i tondini di ferro sarebbero rimasti circoscritti al cemento circostante.

Per la verità, sarebbe stato possibile “versare del cemento nelle aperture” in un momento successivo. Se alla fine della guerra delle casseforme di legno fossero state poste sotto le aperture e nelle aperture fosse stato versato del cemento (secondo lo scenario di Van Pelt), in tal caso si sarebbero formati dei blocchi quadrati di cemento all’interno delle aperture dopo l’essiccamento. Questi blocchi non avrebbero potuto essere fissati alla griglia di ferro preesistente. In realtà, ci sono solo due modi per cui questi punti del tetto avrebbero potuto essere parzialmente rinforzati per prevenire la fuoriuscita dei blocchi dalle aperture una volta rimosse le casseforme:

sgrossare o intagliare [con lo scalpello] i fianchi delle aperture per ricavarvi degli spigoli, oppure dei fori, per assicurare i blocchi sul posto, o altrimenti allargare le aperture in cima, affinché i blocchi formatisi non potessero franare nel soffitto sottostante;

trapanare orizzontalmente nel tetto di cemento tutti e quattro i lati delle aperture per permettere l’inserimento di chiodi d’acciaio, per sostenere i blocchi di cemento una volta essiccati.

Nessuna di queste tecniche di costruzione avrebbe comunque mantenuto a lungo il cemento nelle coperture. All’inizio del 1945 il personale di Auschwitz inserì potenti cariche di esplosivo nelle colonne di sostegno del tetto immediatamente adiacenti ai punti in cui si sarebbero trovate le aperture così otturate, facendo perciò saltare in aria il tetto del Leichenkeller.[12]


L’asserzione di Van Pelt che il cemento venne semplicemente versato dentro i fori, e poi fatto saltare quando l’edificio venne distrutto con la dinamite, non fa progredire affatto l’argomento che le aperture esistettero davvero. Come Irving ha osservato, sarebbe stato insensato che i tedeschi riempissero i fori con il cemento , e poi li facessero saltare in aria con delle massicce cariche di dinamite poche settimane dopo. Ancora più importante è che Van Pelt abbia ammesso, nonostante numerosi sopralluoghi, come abbiamo visto, che oggi le presunte aperture “non sono rintracciabili nei ruderi della copertura di cemento.”

Consideriamo allora quello che sarebbe stato necessariamente visibile se le aperture, o le loro riempiture di cemento, fossero in qualche modo sopravvissute all’esplosione. Sarebbe facile riconoscere le une e le altre, oggi, persino tra le rovine. I luoghi dove il cemento fosse stato versato molto tempo dopo la gettata iniziale della copertura del tetto sarebbero facilmente distinguibili dalla copertura circostante. Le differenze nella composizione della mistura di cemento (proporzioni di sabbia, cemento e acqua, etc., la consistenza dei materiali utilizzati), le condizioni di conservazione (temperatura e umidità), le tracce di disidratazione e le crepe sottili dovute al restringimento del cemento, e l’invecchiamento (ingiallimento), tutto contribuisce a donare ai prodotti finiti un’apparenza e una consistenza differenti. Le zone “restaurate” della copertura di cemento del tetto sarebbero riconoscibili, sia da sopra che da sotto, come chiazze di cemento. Van Pelt, che ha la possibilità di consultarsi con degli architetti nella sua facoltà all’Università di Waterloo, dovrebbe certamente saperlo. E tuttavia a dispetto di numerose ispezioni delle rovine della copertura del tetto del Crematorio II effettuate da Van Pelt e dai suoi collaboratori, fino ad oggi nessuno di questi ricercatori è stato in grado di scoprire alcuna traccia di tale restauro. Questo spiega senza dubbio il motivo per cui Van Pelt, per tutta la sua expertise su Auschwitz, non ha fatto alcun tentativo al processo Irving-Lipstadt di presentare la prova concreta delle aperture omicide del Crematorio II, sia che fossero riempite oppure no.

 



Il problema delle colonne di rete metallica

 



Incapace di trovare sul posto la prova evidente delle aperture per l’introduzione dello Zyklon, o un solo riferimento ad esse nei voluminosi registri di progettazione e costruzione del campo, Van Pelt è stato costretto ad affidarsi alla testimonianza post-bellica di due sopravvissuti di Auschwitz, Henryk Tauber e Michal Kula.

Durante il contro interrogatorio Van Pelt, riguardo alla sua impressione concernente l’ex lavoratore del Sonderkommando Henryk Tauber (il quale rese la sua testimonianza davanti ad una commissione polacco-sovietica il 24 Maggio 1945), rispose: “Tauber è un testimone sorprendentemente buono… generalmente molto preciso.”[13]

Nella sua testimonianza Henryk Tauber descrisse meticolosamente il modo in cui i granuli di Zyklon B venivano presuntamene introdotti nella stanza. Secondo Tauber (e quindi secondo Van Pelt), i fori del tetto erano stati aperti per ospitare un dispositivo d’introduzione a maglie di filo di ferro:

Il tetto della camera a gas era sostenuto da pilastri di cemento che correvano lungo il centro della sua lunghezza. Da una parte e dall’altra di questi pilastri ce n’erano altri quattro, due su ogni lato. I lati di questi pilastri, che uscivano dal tetto, erano fatti di pesanti reti metalliche. All’interno di questa griglia ce n’era un’altra di metallo più sottile e all’interno di questa una terza, di metallo molto sottile. All’interno dell’ultima gabbia metallica c’era una lattina rimovibile che veniva estratta con un filo di ferro per recuperare i granuli da cui il gas era evaporato.[14]


Van Pelt, sia nel suo rapporto che durante il contro interrogatorio, ha corroborato la testimonianza di Tauber con quella di Michal Kula, che sostenne di aver costruito le “colonne” di rete metallica descritte da Tauber. L’11 Giugno 1945 Kula attestò al magistrato inquirente Jan Sehn (un funzionario comunista, come gli interroganti di Tauber):

Tra le altre cose l’officina meccanica costruiva le false docce destinate alle camere a gas, come pure le colonne di rete metallica per l’introduzione del contenuto dei barattoli con lo Zyklon dentro le camere a gas.


Queste colonne misuravano circa 3 metri in altezza e 70 centimetri quadrati in sezione. Ogni colonna era composta da 3 reti metalliche concentriche. La rete interna era fatta di metallo spesso 3 millimetri, fissata a degli angolari di ferro di millimetri 50x10. Questi angolari di ferro si trovavano in ogni angolo della colonna ed erano fissati alla sommità nello stesso modo. Le aperture della rete metallica erano di 45 millimetri quadrati. La seconda rete era fatta allo stesso modo ed era posizionata nella colonna a 150 millimetri di distanza dalla prima. Le aperture di questa seconda rete erano di circa 25 millimetri quadrati. Agli angoli queste reti erano connesse tra loro con degli angolari di ferro. La terza parte di questa colonna era rimovibile. Si trattava di una colonna vuota con un’impronta di circa 150 millimetri quadrati fatta di lamina di zinco. In cima era chiusa da una lastra di metallo e in basso da una base quadrata. Alla distanza di 25 millimetri dai lati di queste colonne erano stati saldati degli angolari di stagno, rinforzati da staffe anch’esse di stagno.

Su questi angolari era stata montata una rete sottile con aperture di circa un millimetro quadrato. Questa rete terminava alla base della colonna e da qui si elevava nella [Verlaenderung] della rete un’intelaiatura di stagno fino alla sommità della colonna. Il contenuto di un barattolo di Zyklon veniva gettato dalla sommità nel distributore, che consentiva una distribuzione uniforme dello Zyklon su tutti e quattro i lati della colonna. Dopo l’evaporazione del gas l’intera colonna centrale veniva rimossa.[15]

Secondo Van Pelt, i congegni di rete metallica sono scomparsi: “ Le colonne di rete metallica sono state totalmente smantellate dopo la cessazione delle gassazioni e prima della demolizione dei crematori, e non ne è stata trovata alcuna traccia.”[16]

Queste due testimonianze non sono semplicemente la principale prova di Van Pelt: esse sono la sola prova sostanziale dell’esistenza di aperture attraverso cui lo Zyklon potesse essere introdotto nella presunta camera a gas del Crematorio II, il “ground zero” del mito dell’Olocausto.

 


Le incredibili, irrintracciabili, restringibili aperture per lo Zyklon

 



Le due testimonianze alle quali Van Pelt è costretto ad affidarsi non sono prive di trabocchetti per i sostenitori della tesi delle aperture. Bisognerà ricordare che nella sua sentenza, il giudice Gray prese nota dell’affermazione di Van Pelt, resa sotto giuramento, che le colonne di rete metallica descritte dai testimoni di Van Pelt “misuravano 70 centimetri quadrati [etc.] in sezione ma si assottigliavano in cima nel punto in cui passavano attraverso il tetto”. Van Pelt difese questo concetto per diverso tempo nel seguente confronto con David Irving nell’Alta Corte di Londra il 25 Gennaio del 2000:

Irving: Io vorrei soltanto conoscere grosso modo che dimensione avessero le reti metalliche di cui stiamo parlando, quale era la larghezza di questa colonna che si ergeva fino al soffitto. Abbiamo probabilmente un’immagine abbastanza chiara del genere di oggetto in questione, più grande di un tubo di scarico.



-Van Pelt: Si. Kula dice che queste colonne erano alte circa 3 metri ed esse [misuravano] 70 metri quadrati.

-Irving: 70 metri?

- Van Pelt: 70 centimetri.

-Irving: Le colonne di rete metallica?

-Van Pelt: Si.

-Irving: 70 centimetri è nell’ordine di 2 piedi e 6 pollici?

-Van Pelt: Si, poco meno, 2 piedi e 3 pollici.

-Irving: così questo foro sul tetto o questi fori sul tetto, quante colonne di rete metallica si trovavano lì, quattro?

-Van Pelt: Quattro.

-Irving: Dunque le aperture sul tetto avrebbero avuto un diametro di 2 piedi e 6 pollici.

- Van Pelt: Assolutamente no, perché l’intera colonna può essere di 2 piedi e 4 pollici, ma lo Zyklon B è introdotto solo nel pezzo centrale. Il pezzo centrale, perché noi abbiamo colonne concentriche, così in definitiva il pezzo centrale può essere un oggetto piuttosto stretto, così come l’apertura attraverso il tetto poteva essere stata un condotto relativamente stretto.

-Irving: Ma ci è stato detto qui che c’era una copertura di cemento con due manici a coprire questo apparato, e questo non dovrebbe forse suggerire qualcosa di più grosso di una palla da tennis?

-Van Pelt: Ma la copertura di cemento…noi abbiamo un’immagine di questi camini nei documenti. Naturalmente quando tu crei questo tubo che viene fuori dal centro della colonna perforata, sicuramente il piccolo camino che gli sta intorno è più grande.

- Giudice Gray: Come un fumaiolo?

-Van Pelt: Come un fumaiolo, si. Come il camino stesso è sempre più spazioso del canale del fumo che vi passa attraverso.[17]



Qui, le dimensioni hanno molta importanza, perché le aperture di 70 centimetri quadrati del tetto su cui Irving sta dibattendo hanno in effetti un ordine di grandezza otto volte superiore in superficie ai 25 centimetri quadrati o giù di lì per la “parte centrale” su cui Van Pelt insiste. Perché se le molteplici ricerche sul tetto del crematorio non hanno rintracciato nulla di simile a un’adeguata apertura per l’introduzione dello Zyklon, allora quanto più piccoli si suppone siano stati i fori scomparsi, meglio è.

Tuttavia la pretesa di Van Pelt che solo il pezzo centrale della colonna continuasse attraverso il tetto, e perciò “…l’apertura attraverso il tetto poteva essere stata un condotto relativamente stretto”, travisa la sola prova di Van Pelt, la testimonianza di Tauber e Kula. Come disse Kula al magistrato inquirente, Sehn:

Queste colonne misuravano circa 3 metri in altezza, e 70 centimetri quadrati in sezione…La terza parte di questa colonna poteva essere rimossa. Si trattava di una colonna vuota con un’impronta di circa 150 millimetri quadrati fatta di lamina di zinco.


In Auschwitz: Technique and Operation od the Gas Chambers (1989), il ricercatore antirevisionista francese Jean-Claude Pressac presentò un disegno di questi congegni di rete metallica così come furono descritti da Kula.[18] In esso si descrive ognuna delle colonne metalliche come “alte circa 3 metri”. Il disegno mostra una sorta di canestro rimovibile al centro del congegno. E tuttavia, senza alcuna base nella testimonianza di Kula, e in contraddizione con il disegno, Van Pelt ha asserito che i lati esterni di queste colonne rettangolari ascendevano soltanto fino al soffitto, e ha inventato un “tubo relativamente stretto” (contraddicendo la descrizione del suo testimone di una “colonna vuota” rimovibile), che avrebbe potuto adattarsi alle quattro sfuggenti e arbitrariamente minuscole aperture del tetto, se solo egli avesse potuto trovarle – e in qualche modo mettere le mani sui quattro “tubi stretti” mancanti.


Le dimensioni riferite da Kula (una colonna alta 3 metri e di 70 centimetri quadrati) non possono essere conciliate con la pretesa di Van Pelt che le aperture, ammesso che siano esistite, fossero più piccole di 70 centimetri quadrati. I disegni architettonici mostrano che la distanza dal pavimento al soffitto (o sotto il tetto) era di metri 2.4. Il tetto stesso aveva uno spessore di 20 centimetri. Le colonne di Kula avrebbero perciò esorbitato la distanza dal pavimento alla sommità del tetto di 40 centimetri supplementari, e la base del tetto di 60 centimetri. E la testimonianza di Kula non da neppure alcun sostegno alla pretesa di Van Pelt che solo un tubo fisso, e stretto, o colonna, continuasse attraverso il tetto.


Nel suo sforzo di dimostrare che sul tetto un tempo c’erano delle aperture – piccole aperture – Van Pelt ha proclamato che la testimonianza del testimone sopravvissuto Henryk Tauber “converge” con le descrizioni di Kula. E in verità, a dispetto di svariate discrepanze, i due testimoni in effetti convergono su un solo punto cruciale.


Tauber ha affermato: “I lati di questi pilastri, che salivano attraverso il tetto, erano fatti di pesanti reti metalliche.” La descrizione di Tauber delle colonne non offre appiglio alla tesi di Van Pelt che solo “un oggetto piuttosto stretto” di minori dimensioni continuasse attraverso il tetto. Tauber mette ben in chiaro che il lato più esterno dei pilastri di 70 centimetri quadrati di Kula “saliva attraverso il tetto”, tanto più che in seguito egli distingue, nella sua testimonianza, tra le “pesanti reti metalliche” esterne e i reticoli interni di “rete più sottile “ e “molto sottile”.


Questa affermazione rafforza un'altra argomentazione contro le aperture del tetto più piccole, argomentazione basata sulla dimensione delle colonne come sono state descritte dalla fonte di Van Pelt, Kula. Secondo la sua testimonianza, egli costruì le colonne minuziosamente assemblate, con i loro “angolari di stagno saldati”, nell’officina meccanica del campo, non nel Leichenkeller [camera mortuaria, presunta camera a gas]. Anche se questi congegni alti 3 metri, composti di “pesanti reti metalliche” fossero stati trasportati in qualche modo lungo le scale e attraverso la porta all’interno del Leichenkeller, non avrebbero potuto essere collocati verticalmente dal di dentro in una stanza con soffitto alto metri 2.4. Perciò, se tali colonne fossero esistite, avrebbero potuto essere installate solo per mezzo di aperture nel tetto larghe abbastanza da farle entrare secondo le dimensioni dichiarate per la loro base: 70 centimetri quadrati.


Van Pelt, cercando aperture decisamente più piccole dei 70 centimetri quadrati, ha travisato la deposizione dei tue testimoni sui quali ha puntellato la propria tesi (in assenza di ogni prova fattuale o documentaria) dell’esistenza delle aperture. La sua deformazione radicale della deposizione dei propri testimoni chiave, consapevole oppure no, sembrerebbe suggerire una ragione: come vedremo più avanti, se ci fossero state delle aperture di 70 centimetri quadrati sul tetto, esse sarebbero facilmente riconoscibili anche oggi. D’altronde, come abbiamo già visto dall’ammissione di Van Pelt, i camini per le reti metalliche sono parimenti scomparsi.

 



Indagini recenti: le aperture “ritrovate”?
 




Le fotografie dell’epoca di guerra. Van Pelt ha cercato di corroborare le sue irrisorie prove testimoniali delle aperture per lo Zyklon con delle fotografie dell’epoca di guerra che mostrano il tetto del Leichenkeller 1 del Crematorio II di Birkenau. Nel suo tentativo di trovare immagini delle aperture e dei loro “camini” nelle foto prese sul terreno e dall’alto, Van Pelt è incappato nelle scoperte cui sono giunti non solo i ricercatori revisionisti, ma anche lo sterminazionista “outsider” Charles Provan. Provan ha fornito un’approfondita analisi delle foto aeree e terrestri nel suo opuscolo No Holes? No Holocaust? A Study of the Holes in the Roof of Leichenkeller I of Krematorium II at Birkenau, che contesta la posizione revisionista. Mentre Provan concorda con Van Pelt che centinaia di migliaia di ebrei furono gassati nel Leichenkeller 1 del Crematorio II per mezzo di Zyklon versato attraverso aperture nel tetto, la sua interpretazione della prova dell’esistenza di tali aperture è spesso diametralmente opposta a quella di Van Pelt.

Le foto terrestri. Van Pelt ha mostrato una foto degli archivi di Auschwitz, presa nel Febbraio del 1943.[19] La foto mostra quelli che sembrano essere degli oggetti posti sul tetto. Provan ha comunque verificato in modo indipendente, attraverso un diagramma prospettico, quello che il revisionista Germar Rudolf[20] aveva dimostrato in precedenza: i tre oggetti sono tutti sul lato Sud del tetto, in contraddizione con i “testimoni oculari” e (come vedremo) con le foto aeree.[21]

Esiste comunque un’altra foto terrestre, presa alla fine del Gennaio 1943, che mostra nient’altro che un eloquente manto di neve sul tetto ultimato del Leichenkeller.[22] Se, come Van Pelt ritiene, le aperture fossero state incluse nella colata originale del tetto, sarebbe stato insensato e potenzialmente rischioso costruire i bordi dei “camini” molto più tardi del compimento del tetto. A parte l’inefficienza della tecnica di costruzione, lasciare le aperture non protette per settimane d’inverno avrebbe provocato enormi problemi d’impermeabilizzazione.[23]

Contro interrogato da Irving riguardo a questa foto, Van Pelt fu decisamente incapace di spiegare l’assenza delle aperture e delle loro superstrutture (o “camini”), che egli aveva identificato nella foto del Febbraio 1943 (supra). Dapprima, il 26 Gennaio, Van Pelt asserì che i camini non potevano esser visti perché erano sepolti sotto terra e neve:


OK. Allora la spiegazione è semplice. Quello che accade è che dopo che il terriccio venne portato in cima al tetto della camera a gas o camera mortuaria n°1, la protezione [protuberanza] sarebbe stata minore. Se noi allora abbiamo neve in cima, è assai improbabile che possiamo vedere molto di questi piccoli camini.[24]

Due giorni più tardi, essendosi evidentemente reso conto del proprio errore, Van Pelt cambiò la sua deposizione. Accorgendosi che la foto mostra che c’erano solo pochi centimetri di neve sul tetto, egli asserì che le aperture sarebbero state coperte con tavole, la qual cosa implica che i “camini per l’introduzione” non erano stati ancora costruiti nel tardo Gennaio.[25] Il cambiamento radicale ad opera di Van Pelt della sua interpretazione di questo documento fondamentale, documento che deve essergli stato famigliare, non ispira fiducia né nella sua expertise né nella sua affermazione che le aperture vennero effettuate nel tetto del Leichenkeller 1 del Crematorio II all’epoca in cui venne costruito.

 



Secondo Provan, d’altro canto, questa foto mostra:

 



…la vista più chiara della camera a gas in ognuna delle tre [le foto di Kamann], prima che il tetto venisse coperto con terra. Il tetto è coperto con neve, e nessun foro per lo Zyklon B è visibile. Poiché la foto è datata 20-22 Gennaio 1943, possiamo dedurre che nessuna apertura per l’introduzione dello Zyklon B deve essere stata messa in opera dopo quella data.[26]



Che la foto terrestre di Kamann del tardo Gennaio 1943 non offra prove di sorta per l’improbabile ipotesi di Van Pelt di aperture invisibili coperte con tavole parimenti invisibili, è fin troppo ovvio. Provan ha decisamente ragione nel sostenere che la foto si oppone alla costruzione di aperture e camini al tempo in cui fu presa, e riconosce che in effetti l’immagine non fornisce alcuna prova che le aperture e i camini vennero aggiunti in seguito. Riguardo alle foto terrestri del tetto della presunta camera a gas, perciò, non abbiamo altro che una “convergenza” nell’interpretazione delle prove da parte di questi due ricercatori.



Le foto aeree. Van Pelt ha citato le fotografie di ricognizione aerea prese dagli Alleati nel 1944, che furono pubblicate per la prima volta dalla CIA nel 1979. Le più importanti tra queste, prese il 25 di Agosto del 1944, mostrano quattro zone scure sul tetto del Leichenkeller. Queste zone, ha sostenuto Van Pelt, corrispondono ai camini sovrastanti le aperture e alle loro ombre. [27] Irving rispose facendo notare che le quattro zone scure visibili sulla foto del 25 Agosto 1944 non corrispondono alla posizione di nessuna delle aperture presenti attualmente sulle rovine del tetto. (Come abbiamo visto, Van Pelt ha concesso che le presunte aperture per l’inserimento dello Zyklon non possono essere ritrovate in quelle rovine.)



L’analisi di Provan delle foto aeree è in armonia con quella del ricercatore revisionista John Ball.[28] Egli osserva che è stato detto, da parte di Myklos Nyszli e altri sedicenti testimoni oculari, che le aperture necessarie erano state coperte “al livello del terreno” (e cioè sopra lo strato di terra riversato sul tetto – non al livello del tetto) e sormontate da bassi coperchi. Tuttavia, come Provan osserva correttamente, se queste zone (egli le definisce “tracce macchiate”) presenti sulle foto aeree “sono ombre [proiettate dai bassi camini], la loro estensione è stata calcolata come misurante circa 3 metri, utilizzando l’altezza conosciuta del camino del Crematorio, e la lunghezza della sua ombra come riferimento. In realtà Provan “concorda con Ball che alcune delle tracce che risaltano sulla fotografia del 25 Agosto 1944 sono in realtà state disegnate”, e osserva che “alcune delle fotografie di Auschwitz-Birkenau mostrano tracce sul tetto dove non si presume fossero presenti fori per lo Zyklon B.”[29]



Provan trascura, tuttavia, di richiamare l’attenzione dei suoi lettori sul problema cruciale, notato da Jean-Claude Pressac, il problema posto dalle tracce su questa e su svariate altre foto aeree:



Secondo la fotografia aerea americana del 24 Agosto 1944, i quattro punti d’introduzione erano localizzati lungo una linea attraversante la lunghezza della stanza nella parte orientale. Nelle rovine attuali, due di queste aperture sono ancora visibili all’estremità Sud ma nella parte occidentale.



Fino ad ora nessuno sembra essere stato preoccupato da questa contraddizione né interessato a risolverla.[30]



Secondo Van Pelt e Provan, che si basano sulla testimonianza di Tauber, due delle aperture dovrebbero essere localizzate nel lato Ovest del tetto. Come però osserva Pressac, comunque, questa e altre foto aeree mostrano invariabilmente le quattro tracce controverse sul tetto del Leichenkeller “lungo una linea attraversante la lunghezza della stanza nella parte orientale”. Qui è d’uopo richiamare l’affermazione di Tauber: “Il tetto della camera a gas era sostenuto da pilastri di cemento che si susseguivano lungo la parte centrale della sua lunghezza. Su ciascun lato di questi pilastri [corsivo mio] ce n’erano altri quattro, due per ogni lato.”



Se la testimonianza di Tauber è corretta, allora le foto aeree dovrebbero mostrare due macchioline su ogni lato della trave di supporto longitudinale. Ma come Pressac ha osservato, la dichiarazione di Tauber e le foto aeree si contraddicono reciprocamente: le zone che Van Pelt identifica come aperture sulle foto aeree sono leggermente sfalsate ma si trovano tutte ad Est della trave centrale di supporto; Tauber depose che due di esse si trovavano sul lato Ovest. Le due fonti di prova non convergono.



Riguardo alle tracce sulle foto aeree, Provan scrive: “Non importa quello che si può pensare sull’autenticità delle tracce macchiate, è impossibile considerarle, siano esse autentiche oppure no, come “fori”.” Perciò, secondo le parole di Provan, le foto aeree “ non possono essere utilizzate per provare o confutare che le stanze sotterranee fossero attrezzature di gasazione”.[31] Van Pelt non è stato capace di mostrare prove che contraddicessero Provan.
 




Una rivisitazione del “genocidio per telepatia”?
 




Avendo notato la mancanza di prove fotografiche delle aperture per lo Zyklon sul tetto, Provan ha fatto un’importante concessione. Riguardo al valore delle prove documentarie e fotografiche negli archivi di Auschwitz e degli Alleati per dimostrare l’esistenza di tali aperture, egli scrive: “Le deposizioni dei testimoni oculari riguardanti le camere a gas sotterranee del Crematorio II costituiscono la principale base probatoria a disposizione degli storici della Judenausrottung (sterminio degli ebrei). Gli altri tipi di prova utilizzati per sostenere i resoconti dei testimoni oculari riguardo alle aperture sul tetto della camera a gas non sono in grado di fornire la dimostrazione che queste aperture per l’introduzione dello Zyklon siano esistite davvero.”[32]



Mentre una tale conclusione potrebbe scoraggiare un ricercatore dotato di minore tenacia e immaginazione, Provan ritiene di aver scoperto un fondamento logico per l’assenza delle aperture nei documenti di costruzione e nelle foto: il bisogno di segretezza che circondava le operazioni di gasazione ad Auschwitz. Provan cita il comandante di Auschwitz Rudolf Hoss, che depose a Norimberga il 1 Aprile 1946: “Mi misi immediatamente in contatto con il capo di una unità delle costruzioni e gli dissi che avevo bisogno di un grande crematorio. Gli dissi che stavamo per accogliere un gran numero di malati ma non gli comunicai la vera ragione del mio ordine.”[33]



Provan ritiene che non venne comunicato a Karl Bischoff, capo della Direzione delle Costruzioni ad Auschwitz-Birkenau, il “vero scopo” fino al completamento dell’edificio, se mai gli venne comunicato. Provan crede che questo renda ragione alla tesi secondo la quale le aperture vennero praticate attraverso il tetto solo dopo che l’edificio venne completato, tesi che contraddice quella di Van Pelt.



L’idea di Provan crea molti problemi in luogo del singolo problema che egli ha cercato di risolvere. Durante lo stesso interrogatorio citato da Provan, Hoss affermò di aver inviato i progetti per la camera a gas del Leichenkeller 1 del Crematorio II a Himmler “dopo che avevamo ultimato i nostri progetti”, e “dopo averli modificati in conformità con lo scopo reale delle sue istruzioni”, dopodichè “essi furono approvati”. Se il racconto di Hoss riguardo alle aperture, preso nella sua interezza, è vero, allora avremmo avuto nuovi disegni, disegni e progetti corretti, e istruzioni per nuove costruzioni e per i cambiamenti delle attrezzature previste: sarebbe stato necessario tutto ciò. Inserire delle aperture sul tetto del Leichenkeller 1 avrebbe richiesto istruzioni costruttive fornite da e per gli ingegneri e i capisquadra e per gli operai. Queste indicazioni sarebbero state anche menzionate in numerose corrispondenze negli schedari della Direzione Centrale delle Costruzioni. Tutto ciò non c’è. Dove sono i disegni che vennero modificati “in conformità allo scopo reale degli ordini [di Himmler]? E perché, considerato quanto sopra, non includere le aperture nella costruzione originale del tetto?Le casseforme sarebbero state costruite e collocate in modo differente, la disposizione delle griglie di rinforzo sarebbe stata modificata per permettere l’inserimento delle aperture e per compensare la perdita di forza nelle zone circostanti del tetto, e il raggio di pilastri avrebbe parimenti richiesto modifiche strutturali per compensare la perdita di forza delle importantissime giunture della copertura (con svariate tonnellate di terra, neve e acqua piovana che avrebbero richiesto anch’esse attente considerazioni costruttive).



Un aspetto estremamente importante è poi costituito dalla membrana impermeabile, che avrebbe richiesto particolari attenzioni e modifiche prima che le aperture e i presunti camini di chiusura venissero inseriti nel tetto. Collocare semplicemente la membrana (feltro bituminoso) sotto il sottile rivestimento permeabile del cemento e poi attraverso (quelli che più tardi sarebbero diventati) i margini delle aperture sarebbe stato disastroso. E oltre a questo i presunti congegni di rete metallica descritti dai testimoni avrebbero richiesto molte prescrizioni nel design e nell’installazione.



Provan si sbaglia quando afferma che i disegni consultabili [dagli esecutori] includevano solo dettagli per un crematorio, non per l’attrezzatura di una gasazione omicida.” In che modo ad esempio, i disegni o i progetti segreti per i “pilastri di rete metallica” inviati solo a Himmler sarebbero stati trasmessi a Michal Kula nell’officina meccanica alcuni mesi dopo che questi apparati erano stati considerati necessari? Come avrebbe potuto Kula costruire questi oggetti minuziosi senza tali disegni? E’ forse questo un altro esempio di quello che Robert Faurisson ha definito “genocidio per telepatia”?[34]



Qui Provan si trova in contrasto anche con Pressac. Il ricercatore francese la lavorato negli archivi di Auschwitz e nei luoghi del campo per scoprire, in assenza di solide prove, presunte “tracce criminali” delle camere a gas da frammenti di documentazione relativi a ferramenta, carpenteria e materiale di costruzione. Molto del lavoro di Pressac è stato fatto proprio da Van Pelt. Come ho però scritto altrove, l’idea di tracce criminali riconoscibili crea un grande problema all’interpretazione di Provan:



Se gli architetti dei crematori non conoscevano quale fosse il “vero” scopo dell’edificio, allora tutte le cosiddette “tracce criminali” di Pressac, quali la pretesa rimozione dello scivolo [sic] per i cadaveri, la parola “Vergasungskeller” menzionata nel rapporto di una ditta non militare, il disegno di un sistema di ventilazione, e tutte le disposizioni per oggetti a tenuta di gas, etc., devono parimenti essere state necessariamente considerate come non criminali nella loro funzione. Se le aperture vennero deliberatamente escluse dalla pretesa trasformazione a scopo criminale dell’edificio, allora nessun aspetto della pretesa trasformazione criminale può aver preceduto il completamento dell’edificio stesso. O l’edificio venne modificato per uno scopo criminale prima del completamento oppure non lo fu. Se lo fu, allora dovrebbe esserci la prova delle “aperture per lo Zyklon” nelle fotografie [e nei disegni] del 1943, ma la prova non c’è.[35]



Secondo la tesi di Provan, le aperture furono successivamente “battute” o “picchiate” nel cemento solido dopo che il tetto di cemento era stato ultimato. Egli si riferisce alla testimonianza di Rudolf Hoss concernente la trasformazione del Leichenkeller del Crematorio I nel campo principale di Auschwitz, quale prova per una presunta trasformazione omicida. Sorge però il problema che il Crematorio I venne costruito e utilizzato come camera mortuaria, e si presume che sia stato modificato a scopo omicida solo più tardi, nel 1941. Si presume che anche il Crematorio II venne progettato per un utilizzo non omicida ma, secondo Van Pelt, venne destinato ad una trasformazione in senso criminoso nell’Agosto del 1942, più di cinque mesi prima che venisse effettuata la gettata di cemento sul tetto del Leichenkeller.[36]



Riassumendo, non avrebbe avuto senso scavare delle aperture nel cemento solido, o costruire presunti camini-coperchi per i congegni di rete metallica dopo che le aperture erano state realizzate. Provan teorizza che il cemento venne prima versato, poi qualche tempo dopo staccato nei punti richiesti, quindi versato di nuovo per creare “camini”. Questi “camini”avrebbero richiesto una particolare impermeabilizzazione alla loro base, per impedire all’acqua piovana e alla neve del Gennaio-Febbraio del 1943 di filtrare attraverso le aperture. Come ho osservato in precedenza, tutto ciò avrebbe potuto essere realizzato in una sola operazione collocando casseforme di legno per creare i fori e i camini necessari durante la costruzione del tetto.



Non esiste prova che alcunché di tutto ciò venne fatto, proprio come non ci sono aperture che avrebbero ospitato i pilastri metallici descritti da Michal Kula.



In questo contesto, l’evocazione di Provan di un improbabile e mal definito impegno alla segretezza da parte di Hoss (si presume forse che il comandante abbia personalmente martellato le aperture al chiaro di luna?) come giustificazione di metodi d’altro canto irresponsabilmente sciatti emerge più come un paralogismo che come una vera spiegazione.

 



Il problema dei testimoni di Provan
 




In contrasto con Van Pelt e altri storici di Auschwitz, che si sono accontentati di basarsi sugli estratti presi da una manciata di testimonianze, Provan ha presentato sedici dichiarazioni testimoniali massimamente contraddittorie sulle pretese aperture e le loro caratteristiche. Egli ha cercato di conciliare queste testimonianze con indagini che egli ha condotto sul posto, sebbene assai stranamente nel suo opuscolo egli inizi dalle testimonianze, per passare poi al sopralluogo.



Provan sminuisce sette delle testimonianze come “di minore importanza”, giudicando le altre nove “di maggior importanza”. Va detto che la sua analisi di queste testimonianze non è sempre chiara, e i suoi criteri sembrano aver lasciato ampio spazio all’arbitrarietà. Mentre alcune delle sue testimonianze di “minore importanza” possono essere facilmente contestate (l’asserzione di Janda Weiss che bambini piccoli venissero gettati nel Leichenkeller sotterraneo attraverso una finestra inesistente), altre sembrano essere state escluse in quanto non armonizzabili con fatti non ancora stabiliti. Così, Provan sminuisce la testimonianza di Filip Friedman perché Friedman localizza i pilastri concavi nei “quattro angoli del Leichenkeller, cosa non vera.”[37]



E’ interessante che Provan non abbia incluso la deposizione di Michal Kula, che descrisse “pilastri di rete metallica” di 70 centimetri in sezione, tra le testimonianze che egli analizza. Egli ignora perciò uno dei due testimoni capitali di Van Pelt, sebbene abbia incluso testimoni che descrivono stranezze tali quali la “finestra attraverso la quale i nazisti potevano gettare bambini” di Weiss, il lancio di “bombe a gas”, o quelle che Provan descrive come “cose impossibili da vedere” [dall’esterno del Crematorio].[38]

La ragione di questa omissione sembra ovvia. Kula ha affermato precisamente che egli costruì i “pilastri di rete metallica”, ma le dimensioni che ha fornito (3 metri in altezza per 70 centimetri quadrati) sono impossibili da conciliare con l’assenza di qualunque apertura di quelle dimensioni sul tetto del Leichenkeller, come i vani sforzi di Van Pelt e (come stiamo per vedere) di Provan dimostrano abbondantemente.



Avendo omesso la testimonianza di Kula, Provan considera la deposizione di Karl Schultze – un impiegato della Topf che si dice abbia installato il sistema di ventilazione nel Leichenkeller 1 nei giorni 11-13 Marzo del 1943 – di grande importanza. Nel 1946 Schultze venne interrogato sulla “disposizione interna della camera a gas”. Egli la descrive nel modo seguente: “L’edificio era largo otto metri e lungo trenta. All’interno era completamente vuoto. L’altezza raggiungeva 2.6 metri. Sul soffitto c’erano quattro aperture quadrate di centimetri 25 per 25.”[39]



Bisogna osservare che Schultze ha fornito misure assai precise per l’esterno dell’edificio, che egli può aver spigolato soltanto dai disegni architettonici (le misure interne erano 7 metri in larghezza e 2.4 metri in altezza), piuttosto che dall’osservazione personale. Provan sembra noncurante del fatto che la dichiarazione di Schultze contraddice l’affermazione che i pilastri di rete metallica erano stati installati (“l’interno era completamente vuoto”). Schultze non menziona neppure i pretesi “camini di cemento”. Si tratta di omissioni decisamente rimarchevoli, considerata l’epoca tardiva in cui il sistema di ventilazione venne installato (dalla metà alla fine di Febbraio del 1943).



Evidentemente quello che a Provan interessa è che egli ha trovato un testimone che fornisce le misure di aperture più piccole (25 per 25 centimetri), aperture le cui tracce potrebbero venire eventualmente mostrate sul tetto.

 



Davvero le aperture sono state rintracciate?

 



Abbiamo dimostrato in precedenza che Robert Van Pelt ha travisato le descrizioni fornite da Tauber e Kula dei “pilastri di rete metallica”, che richiedono necessariamente una misura esterna di 70 centimetri quadrati, una misura che avrebbe superato il livello del tetto, poiché tali congegni sono stati anche descritti come alti “approssimativamente 3 metri”. Abbiamo dimostrato anche, sulla base delle prove presentate finora , che non ci sono aperture di quelle dimensioni sulle rovine del Leichenkeller 1 del Crematorio II.



A differenza di Van Pelt, Provan afferma di aver trovato le aperture tra le macerie. Ci sono forse aperture più piccole nelle rovine del tetto ? Si. Pongono dei problemi? Si, ma non per i revisionisti.



E’ una certezza fisica che il Leichenkeller 1 fu fatto saltare in aria nel 1945. La violenza di quella esplosione produsse una quantità di fori e di spaccature sulla copertura del tetto.

A partire dal 1945 sono stati creati altri fori. Ad esempio, i revisionisti hanno scritto ampiamente riguardo alle due grandi aperture, create manualmente, nella zona sud-occidentale del tetto, aperture che si trovavano nel posto sbagliato per essere state dei “fori per l’introduzione dello Zyklon B”, a giudicare dalle foto aeree e dalla “convergenza” di Van Pelt e Provan nell’accettare la testimonianza di Henryk Tauber. I tondini di ferro in questa zona furono o troncati o piegati, a dimostrazione che queste aperture sono ricostruzioni post belliche. Una di queste aperture, localizzata vicino al primo dei sette pilastri di supporto, è semplicemente un allargamento di un’apertura che si formò quando l’edificio venne fatto saltare in aria. La griglia di rinforzo e le parti metalliche tagliate sono ancora visibili nelle rovine attuali. C’è una spaccatura emergente dalla zona dove il pilastro di sostegno di cemento è venuto a posarsi, un metro più lontano, spaccatura che passa attraverso il foro sull’altro lato. Tale spaccatura avrebbe reso più facile ai comunisti sovietici o polacchi scalpellare questo punto dopo la guerra. Viceversa non c’è traccia che questa apertura esistesse prima della colata del tetto in cemento. Infine, è troppo grande per essere stato un foro per lo Zyklon B di 25 centimetri quadrati, e troppo piccolo per uno di 70 centimetri quadrati.[40]



Nel mezzo della lunghezza del Leichenkeller 1 correva una trave centrale di sostegno, larga e alta 40 centimetri. Sette pilastri di cemento erano posti a intervalli regolari sotto di essa, a 3.8 metri gli uni dagli altri. Questa trave fu gravemente danneggiata dalle cariche di esplosivo poste nel 1945. Provan ha identificato tre zone, nelle immediate vicinanze della trave, come possibili ubicazioni delle aperture per lo Zyklon B. Queste zone di cemento frantumato sono localizzate vicino all’area dove erano collocati il primo, il terzo e il quinto pilastro.



Scrive Provan:



Consideriamo assai significativo che [due aperture] erano localizzate immediatamente ad Est della colonna centrale del tetto [trave], ognuna esattamente vicino ad un pilastro di sostegno (in questo caso i pilastri 3 e 5). Va notato che la colonna centrale ad Ovest delle due aperture è distrutta, e non restano che i tondini di ferro. Il tetto sopra i tondini di rinforzo è anch’esso distrutto in entrambi i punti.[41]



La tesi riguardante sia il numero e l’ubicazione delle presunte aperture per lo Zyklon del Crematorio II, che la loro stessa esistenza, è affidata alle testimonianze, come Provan ammette. Nel corso del processo Irving-Lipstadt, Van Pelt ha presentato un gran numero di documenti alla corte, cercando di avvalorare le prove testimoniali. Il giudice Gray ha riconosciuto “la forza di molte osservazioni di Irving riguardo ad alcune di queste categorie [di prova]. Egli [Irving] ha ragione nel far notare che i documenti d’epoca, quali disegni, progetti, corrispondenza con fornitori e così via, mostrano prove poco chiare dell’esistenza di camere a gas destinate ad uccidere esseri umani.” Gray ha scritto anche che “le prove fotografiche dell’esistenza di camini che sporgevano attraverso il tetto della camera mortuaria 1 nel Crematorio 2 sono, lo accolgo, difficili da interpretare.”



Il testimone chiave, sia per Van Pelt che per Provan, è Henryk Tauber. Tauber dichiarò che c’erano quattro aperture, due ad Ovest della trave centrale del Leichenkeller, e due ad Est. Le “chiazze” o “macchioline” sulle foto aeree sono sfalsate, leggermente zigzaganti. Se la testimonianza di Tauber e le macchie sulle foto aeree vanno accettate insieme, allora le aperture esistenti devono attraversare la trave centrale di sostegno, due su ogni lato. Provan ha identificato due aperture in successione, entrambe ad Est della trave del tetto. Come Pressac ha osservato, però, la dichiarazione di Tauber e le caratteristiche delle foto aeree si contraddicono reciprocamente in quanto le foto aeree mostrano zone identificate come aperture leggermente sfalsate, solo sul lato Est; Tauber affermò che ce n’erano due sul lato Ovest della trave. Queste due fonti di prova, come Pressac riconosce, non “convergono”. Il sopralluogo di Provan non ha fatto nulla più che evidenziare questa discrepanza inconciliabile. Egli ha selezionato delle aperture sul tetto vicine ai pilastri di sostegno che non sono differenti da un’altra apertura accanto ad un pilastro che non può essere stata, in base alle sue prove, l’ubicazione di un “foro per l’introduzione dello Zyklon B”. Charles Provan, con i suoi lavori sul sito del Leichenkeller 1, ha anche mostrato definitivamente che i “pilastri di rete metallica” delle dimensioni (70 centimetri quadrati) descritti da Michal Kula e Henryk Tauber non possono essere esistiti, cosa che è un problema anche per Van Pelt.



E’ un peccato che Provan sembri non aver consultato il libro del 1989 di Pressac, per corroborare l’importanza delle sue osservazioni. In quel libro Pressac ha pubblicato una foto, che egli ha preso dall’interno del Leichenkeller, della zona circostante il secondo pilastro di sostegno.[42] Nessun testimone o ricercatore ha mai affermato che un foro per lo Zyklon B fosse localizzato qui. Né avrebbe senso affermarlo. E’ assai significativo che la foto di Pressac mostri chiaramente le stesse caratteristiche che Provan ha osservato per le zone 1, 3 e 5. Il cemento alla giuntura del pilastro di supporto e della trave centrale del tetto è stato frantumato dalle cariche esplosive. Il tetto si è spostato leggermente verso Est, e un’apertura quadrata si è formata sul tetto direttamente sopra e ad Est del pilastro. Due frammenti di tondini di ferro connettono l’apertura al pilastro di sostegno. E’ ovvio che l’apertura quadrata in questa zona del tetto si è formata durante l’esplosione, esattamente come presso i pilastri 3 e 5, e come presso il pilastro 1 nella direzione opposta (in questa ultima zona il tetto si è spostato verso Ovest durante l’esplosione). Il tetto si è sollevato ed è sprofondato, e la copertura di 20 centimetri del tetto è andata in pezzi, probabilmente lungo le linee dei tondini di ferro. Non c’è mistero qui: il dislocamento violento del tetto ha prodotto delle aperture.


 


Conclusione

 



Sulla questione delle aperture mancanti del Leichenkeller 1 del Crematorio II, il giudice Gray ha riconosciuto che “l’argomentazione di Irving merita di essere presa seriamente”, e che “infine il compito di uno storico è quello di soppesare le prove dell’assenza di tracce delle aperture sul tetto della camera mortuaria rispetto alle prove contrarie che ci furono dei camini lungo il tetto”[43]



Questo articolo non è semplicemente il risultato di un cortese accoglimento della sfida storica di Gray, perché cerca non solo di soppesare le prove pro e contro la presenza delle aperture, ma anche il modo con il quale i fautori delle aperture hanno presentato tali prove. Abbiamo dimostrato che nella loro valutazione di prove dichiaratamente esili per queste aperture cruciali, Van Pelt, Provan, Pressac, e Shermer sono stati quasi sempre tra loro discordanti riguardo a quello che hanno trovato. Van Pelt ha perlustrato le rovine del tetto del crematorio, e non ha trovato nulla. Provan ha fatto la stessa cosa, e sostiene di aver trovato le aperture. Mentre entrambi pretendono aperture più piccole di quelle garantite dal testimone chiave – l’uomo che giurò di aver fabbricato le colonne di rete metallica che passavano per le aperture del tetto – Van Pelt accetta quella testimonianza, ma poi la distorce; Provan la trascura. Van Pelt sostiene che le aperture vennero fatte al momento della costruzione del tetto; Provan sostiene che vennero praticate alcune settimane più tardi. Van Pelt vede aperture e camini nelle foto d’epoca laddove Provan non vede nulla di ciò. Il loro collega Pressac nota che le foto aeree mostrano le aperture su una parte del tetto che non collima con la deposizione del testimone di Van Pelt e Provan; Pressac, come Van Pelt, non capisce che i segni sulla foto non possono essere quelli di camini o di aperture. Shermer ha inclinato la foto in modo tale da fare sembrare le tracce in linea con la testimonianza prediletta di Van Pelt e Provan.



E’ Shermer che ha fatto della “convergenza di prove” un mantra. Egli ha trovato pronta eco nell’esperto della Lipstadt alla corte londinese. Osservare la divergenza surreale di questi saggi dell’Olocausto nel loro vario annaspare intorno alle aperture introvabili, giacché essi piegano e contorcono ogni molecola di realtà e di immaginazione per dare sostanza a quello che cercano, significa capire che, almeno per loro, “convergenza di prove” vuol dire escogitazione di prove.



Se le aperture per lo Zyklon sul tetto del Leichenkeller 1 fossero davvero state lì, come detto dai più importanti testimoni nel giro di pochi mesi dopo la fine di Auschwitz, la prova indubbia della loro esistenza starebbe lì, visibile ancora oggi. Ma non c’è, e gli sforzi degli esperti sterminazionisti più qualificati e dei dilettanti più assidui per giustificare l’assenza di questa prova, e l’assenza di ogni altra prova d’epoca all’infuori delle dichiarazioni rese a un processo “show” organizzato dai sovietici – come pure ai processi successivi – non hanno prodotto per l’industria dell’Olocausto altro che una tragicommedia. In realtà, non c’erano aperture per lo Zyklon nel Crematorio II di Auschwitz-Birkenau, e l’assenza di quei fori dimessi lascia il mito di Auschwitz devastato come il cemento, e contorto come un tondino di ferro, nelle rovine attuali della camera mortuaria.


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[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale può essere consultato

All’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v20/v20n5p33_Renk.html

[2] Steve Lipman, “Holocaust Denial Trial: Do We Care?,” Jewish Week, 24 Febbraio 2000. Deborah Lipstadt è l’autrice di “Denying the Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory (NY: Free Press, 1993). La casa editrice Penguin Books fu l’altro imputato principale nella causa intentata da Irving.

[3] Trascrizione da Mr. Death: the Rise and Fall of Fred Leuchter Jr., 1999, documentario diretto da Errol Morris.

[4] Arthur Butz, The Hoax of the Twentieth Century, Newport Beach, 1993, p.14.

[5] Giudizio del giudice Gray reso l’11 Aprile del 2000 nell’Alta Corte di Giustizia 1996, I, n°113, Queen’s Bench Division, (David John Cawdell Irving vs. Penguin Books Limited & Deborah Lipstadt), Sezione 13.127. Disponibile in rete all’indirizzo www.fpp.co.uk . D’ora in avanti: Giudizio.

[6] Michael Shermer, Proving the Holocaust”, Skeptic 2, n°4, pp.41-43; Michael Shermer e Alex Grobman, Denying the Holocaust: Who Says the Holocaust Never Happened and Why Do They Say It?, Berkeley, 2000, pp.31-35, 117-119, 133-137, 249-251; perizia di Robert Jan Van Pelt, dottore in Lettere, professore di Architettura all’Università di Waterloo (Ontario, Canada), su richiesta di Davemport Lyons e Mishcon de Reya, avvocati, per assistere la Queen’s Bench Division [Tribunale reale] della Alta Corte di Londra nella Causa tra David John Cawdell Irving, querelante, contro Penguin Books Limited & Deborah Lipstadt, imputati (copyright 1999 di Robert Jan Van Pelt), parta quarta [vedere le note 7 e 9], Capitolo VII: Auschwitz and Holocaust Denial, p.3-5. D’ora in avanti: Rapporto Van Pelt.

[7] Giudizio, Sezione 7.92.

[8] Rapporto Van Pelt, Capitolo IX, Il Rapporto Leuchter, p.295. Va qui rilevato che Van Pelt, nella frase citata, distingue opportunamente tra i pretesi congegni di rete metallica e i camini; il giudice Gray sembra aver mescolato i due elementi nel riassunto della sua sentenza citata sopra.

[9] Alta Corte di Giustizia,1996, I, n°113, Tribunale Reale, Londra, 28 Gennaio 2000, P-129, P-130. D’ora in avanti: Trascrizione del processo.

[10] Rapporto Pelt, Capitolo IX, Il Rapporto Leuchter, p.295. Inoltre, Giudizio, 7.118: “Gli imputati accettano che le tracce rimaste ad Auschwitz non forniscono prove sufficienti per sostenere la tesi che vi fossero camere a gas operanti a scopo di genocidio. La spiegazione, secondo gli imputati, è che, dopo le rivelazioni da parte dei media alleati sulle camere a gas del campo di Majdanek, alla fine del 1944, Himmler abbia ordinato lo smantellamento delle installazioni di sterminio nei crematori di Auschwitz.



[11]“Gas Chamber Did not Exist – Historian, BBC in rete, Gennaio 26, 2000.

http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/619619.stm . Il rapporto della BBC è un’attenta parafrasi delle osservazioni di Irving conservate nella Trascrizione del 25 Gennaio 2000. P-187.

[12] Charles D. Provan, No Holes? No Holocaust? A Study of the Holes in the Roof of Leichenkeller 1 of Krematorium II at Birkenau (Monongahela, Pennsilvania, 2000), pp. 24-31. Disponibile anche in rete all’indirizzo: http://web.archive.org/web/20011126203833/http://www.revisingrevisionism.com/

[13] Trascrizione, 26 Gennaio 2000. P-84. Il termine “Sonderkommando” – letteralmente “mansione speciale” - designava, tra le altre unità, i contingenti di prigionieri che lavoravano nei crematori.

[14] Van Pelt export report, capitolo IV, testimonianze giurate 1945-46, p.44.

[15] Ibid, p.45.

[16] Ibidem.

[17] Trascrizione, 25 Gennaio, 2000. P-181, P-182.

[18] Pressac, Jean-Claude, Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers (New York: Beate Klarsfeld Foundation, 1989), p.487.

[19] Trascrizione, Gennaio 26, 2000. P-6-16.



[20] Nota del traduttore: in realtà il primo ricercatore revisionista ad aver compiuto questa dimostrazione non è stato Germar Rudolf ma Jean-Marie Boisdefeu, nella sua opera La controverse sur l’extermination des Juifs par les Allemands, tomo I, L’examen des preuves, Bruxelles, 1994. Il libro è disponibile in rete all’indirizzo http://litek.ws/aaargh/fran/livres2/bdf1.pdf



[21] PMO (Museo di Stato di Auschwitz), negativo 20995/494 serie Kamann. Pubblicato in Pressac, op. cit., p.340 Vedi anche Provan, op. cit., pp.17-18, e Ernst Gauss (Germar Rudolf), editore, Dissecting the Holocaust, Capshaw, Alabama, 2000, pp.346-347. Come Rudolf suggerisce, i tre oggetti sul tetto potrebbero essere stati materiale di costruzione.



[22] PMO, negativo 20995/506, serie Kamann. In Pressac, op. cit., p.335. Vedi anche Provan, op. cit., pp.18-19. Vedi anche in rete all’indirizzo http://www.air-photo.com



[23] “Noi sappiamo che i cambiamenti, almeno dal progetto che abbiamo visto lì, i cambiamenti del progetto furono decisi – intendo certamente per la posa della porta in quella nuova scala fu a Dicembre, l’edificio era stato – che il programma genocida ad Auschwitz era stato adottato in Agosto, il tetto venne probabilmente ultimato in Dicembre, così non c’era ragione di incidere [le aperture] attraverso il tetto. Essi potrebbero aver praticato le aperture immediatamente nel tetto mentre lo stavano costruendo. (Trascrizione del processo Irving-Lipstadt, Giorno 11, pp.127-128.) Van Pelt si riferisce al disegno n°2003 della Direzione Centrale delle Costruzioni di Auschwitz datato 19 Dicembre 1942, Museo di Stato di Auschwitz, box BW (B) 30/12, citato in Deborah Dwork e Robert Jan Van Pelt, Auschwitz: 1270 to the Present, New York, 1996, foglio 17. Van Pelt, Pressac e Gerald Fleming hanno sostenuto che l’apparente eliminazione dello scivolo per i cadaveri indica che solo corpi di persone vive camminassero nelle stanze del seminterrato, un’analisi scadente, secondo la quale le vittime di “morte naturale” non avrebbero potuto essere trasportate nelle camere mortuarie sotterranee. E’ assai significativo che le sole caratteristiche materiali menzionate di tutta la sezione del seminterrato (Kellergeschoss) sono il soggetto del disegno stesso, e cioè l’entrata del seminterrato sulla strada (Verlegung des Kellerzuganges an die Strassenseite), e il montacarichi (Aufzug). Ci sono molti disegni successivi del 1943 che mostrano l’inclusione dello scivolo per cadaveri e altri dettagli del seminterrato. Vedi Carlo Mattogno, Auschwitz 1270 to the Present, Note critiche (undicesima annotazione) in rete all’indirizzo: http://web.archive.org/web/20020817070530/http://www.russgranata.com/irving.html



[24] Trascrizione, 26 Gennaio, P-17

[25] Trascrizione, 28 Gennaio, P-109-113.

[26] Provan, op. cit., p.18.

[27] Trascrizione, 26 Gennaio, P-27

[28] John C. Ball, Air Photo Evidence, Toronto, 1994. Vedi anche http://www.air-photo.com

[29] Provan, op. cit., pp.13-14. Provan attribuisce l’alterazione della prova fotografica a un intento didattico compiuto in buona fede da parte degli autori della CIA, uno dei quali era un esperto in falsificazioni fotografiche durante la sua carriera con l’Agenzia.

[30] Pressac, op. cit., p.436.

[31] Provan, op. cit., pp.13, 30.

[32] Ibid., pp.29-30.

[33] Ibid., p.15. L’accusa di Provan contraddice quanto affermano Dwork e Van Pelt, op. cit., p.316: Himmler ordinò l’ampliamento di Auschwitz-Birkenau fino a 200.000 detenuti e diede ordine ad Eichmann di riempire il campo con ebrei abili al lavoro.” (Basato su un piano del 15 Agosto 1942, Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau, box BW (B) 2/1, raccolta BW 2/10). Vedi anche, “Bischoff redasse un piano per la trasformazione di Auschwitz-Birkenau in un pool di 200.000 lavoratori detenuti per l’industria degli armamenti,” ibid., p.321.

[34] Robert Faurisson, Genocide by Telepathy, Hilberg Explains, Journal of Historical Review 18, n°1 (Gennaio-Febbraio 1999). Disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v18/v18n1p15_Faurisson.html

[35] Brian Renk, Additional Comments on the Provan booklet “No Holes? No Holocaust? A Study of the Holes in the Roof of Leichenkeller I of Crematorium II at Birkenau”, disponibile in rete

All’indirizzo: http://www.codoh.com/gcgv/gcgvholes2.html . Per una brillante analisi delle “tracce criminali” di Pressac vedi Robert Faurisson, Auschwitz: Technique and Operation of the gas Chambers (part 1), Journal of Historical Review 11, n°1 (Primavera 1991) pp.46-59.

[36] Brian Renk, Additional Comments.

[37] Provan, op. cit., p.10.

[38] Ibidem.

[39] Ibid, p.4. Da “Der Spiegel”, n°40, 1993, p.162 (“Protokolle des Todes”).

[40] Provan, op. cit., vedi le fotografie, disponibili anche in rete

All’indirizzo: http://web.archive.org/web/20011126203833/http://www.revisingrevisionism.com

[41] Ibid, p. 29.

[42] Pressac, op. cit., p.353.

[43] Giudizio, 13.83.



13/02/2007

STORIA 2007

http://www.italiasociale.org/storia07/storia130207-2.html